«Io giudice in un talent? Ho un difetto. Mi caccerebbero subito»

Amedeo Minghi sarà a Lugano domenica al Palazzo dei Congressi. Torna con un nuovo album dopo 8 anni di silenzio. E ci dice cosa è successo.
LUGANO - Quasi tutti lo conoscono per quel “trottolino amoroso” del Sanremo di 35 anni fa. Qualcun altro più informato ci aggiunge anche “1950” e “L’immenso”. Eppure Amedeo Minghi porta sulle spalle 59 anni di attività, 36 album pubblicati e una serie di successi personali che andrebbero riscoperti. A 77 anni e dopo 8 anni di riposo è tornato sul mercato con un nuovo album dal titolo “Anima sbiadita”. Sabato sarà a Zurigo, domenica a Lugano (clicca qui per i biglietti). Mancava dalla Svizzera da diversi anni.
Otto anni di silenzio. Come sono trascorsi e che vita hai fatto?
«Una vita tranquilla e rilassante, fatta di riflessioni. Ho dato spazio a cose personali che avevo trascurato. Oggi è cambiato un po’ tutto. Non si pubblicano più album da contratto, ma se si ha qualcosa da dire. È giusto così. E io mi sono preso il tempo per dire qualcosa».
Già, proprio quel tempo che spesso buttiamo via e di cui hai parlato nel brano Anima sbiadita.
«Il tempo è il bene più prezioso che abbiamo e non è in vendita da nessuna parte. Non esiste banca in grado di darcelo. Passa velocemente e non torna più. Dovremmo imparare ad avere una concezione del tempo più vicina alla realtà. E soprattutto non buttarlo via perdendoci dietro alle futilità».
“L'amore è solo un'illusione Fa sognare quello che non c’è”. Lo dici in una canzone di questo album. A 77 anni sei arrivato a questa conclusione?
«Amiamo ciò che crediamo sia amore. In realtà l'amore fa come gli pare. Quante volte è successo che crediamo di aver amato qualcosa o qualcuno in maniera viscerale per poi scoprire che non era vero. Sono nostre apparizioni o proiezioni. Ognuno di noi vuole amare ed essere amato, ma spesso non è sempre vero sia così, a volte arriviamo perfino a inventarcelo».
Perché pensi che "solo l’uomo di fede, che ha vissuto pienamente, si può permettere di narrare anche le proprie fragilità"?
«Perché se si ha fede e il coraggio di ammettere le proprie debolezze allora si diventa veramente adulti. Ad un certo punto della vita la sincerità è d'obbligo. Però serve aver vissuto una vita per arrivare ad essere sinceri. Non si può pretendere che un ragazzo di vent’anni sia sincero. Non dirà mai ciò che pensa».
È successo così anche a te?
«A 77 anni non ce la faccio a non essere sincero. Non è che non lo sia stato in passato, però a un certo punto diventa un'esigenza impellente dover dire ciò che si pensa davvero. Alla mia età hai meno remore, non devi più dare conto agli altri, non c'è più nessun capo ufficio che ti licenzia se dici le cose come stanno».
Il disco è uscito a novembre. Non hai voluto aspettare e proporre qualche brano a Sanremo?
«Non era determinante. Ho fatto 8 festival di Sanremo. Se mi invitano vado volentieri. Ma non voglio rincorrere nessuno e avere patemi d'animo. Tanto, così come è congegnato oggi Sanremo, è una manifestazione dove - giustamente - bisogna dare spazio ai giovani».
L’hai visto l’ultimo Sanremo? Chi o cosa ti è piaciuto?
«Piaciuto è una parola grossa. Diciamo che in generale, rispetto alle precedenti edizioni, è leggermente migliorato. Però, insomma, siamo sempre nel vago. Niente di che».
Rap, trap. Ti piacciono?
«No (ride). Però devo essere sincero: come in tutti i generi c’è sempre qualcuno che eccelle, e che fa musica fatta bene. Io faccio fatica ad ascoltarli, però se viene fatta bene sono aperto alle novità».
Sui social ti chiamano maestro. Andresti mai a fare da maestro o da giudice in un talent show?
«E come faccio? Io sono per la sincerità. Lì invece bisogna barcamenarsi su mille cose. Ci ha provato Morgan e hai visto che fine ha fatto: lo hanno cacciato. Farebbero lo stesso con me»
77 anni. Come ti senti in un mondo fatto di social, tik tok, whatsapp, messaggi brevi e rapidi, insomma un mondo decisamente veloce?
«Non proprio comodamente. Ma come vedi alla fine ho abdicato pure io nel senso che ho Instagram Facebook, TikTok, Spotify. Insomma è un lavoro abbastanza complicato. Non mi piace questa parte. Cerco di starmene il più possibile ai margini grazie al lavoro di un gruppo di ragazzi che gestisce la mia parte social. Ogni tanto intervengo ma non sono il tipo che sta tutto il giorno a fare dirette, selfie o foto ai piatti che mangio. Sarebbe una cosa molto alienante. Sto cercando di sviluppare un rapporto amichevole con la tecnologia, ma mi fermo qui. Vivo in una zona tranquilla di Roma, e mi sono creato una mia comfort zone, perché non si puo’ vivere a 1000 all’ora come si vuole fare oggi».
Per il grande pubblico Amedeo Minghi è il cantante di Vattene amore. Ti infastidisce un po’ essere ricordato solo per quella canzone?
«È lo scotto da pagare per tutti coloro che hanno generato grandi successi. Baglioni non puo’ non cantare “Questo piccolo grande amore”. È successo pure a Mozart, oggi se lo ricordano più che altro per uno spot pubblicitario piuttosto che per l’immenso repertorio che ci ha lasciato. Siamo tutti sulla stessa barca».
E tu, per cosa vorresti essere ricordato?
«Per essere stato un formidabile melodista. E sarei in buona compagnia dato che il più grande melodista è stato Giacomo Puccini».
Che rapporto hai con il tuo repertorio? Le canti ancora volentieri le tue vecchie canzoni?
«Assolutamente. E riascoltando il mio passato mi sorprendo di quello che ho scritto. Mi piace sorprendermi».
“L’immenso”, grande successo. L’hai cantata pure in tedesco.
(inizia a cantare in tedesco). «Me la ricordo ancora. Ebbe così tanto successo quella canzone. In Germania piacque tantissimo e decisero che dovevo cantarla in tedesco».
“Emanuela”, dedicata a Emanuela Orlandi. È il 1983. Che idea ti sei fatta di quella vicenda a distanza di così tanti anni?
«È un mistero. Fra cent’anni - quando ormai saranno scomparsi tutti gli attori di questa tragedia - verrà fuori la verità».
1950, è considerato il tuo capolavoro.
«Me la chiesero tutti. Molti la volevano. Alla fine me la sono tenuta io, non potevo dare ad altri una canzone così».
E poi Vattene Amore. È vero che inizialmente era destinata per un duetto con Mina e Ornella Vanoni?
«Girava voce che Mina e Ornella volessero fare un duetto. Erano tutti in fibrillazione. Mi chiesero allora di scrivere una canzone. Scrissi “Vattene amore”, ma poi il duetto non andò in porto. L'ascoltò Mietta e se ne innamorò. Poi la storia la sapete. Sono passati 35 anni e la canzone viene ancora trasmessa continuamente, rimanendo moderna. Devo molto a quella canzone».