Il cantautore sarà al Palexpo di Locarno il 29 marzo con l'applauditissimo "De André canta De André Best of tour teatrale"
LOCARNO - Teatri e palazzetti pieni e un pubblico che abbraccia più generazioni. La musica di casa De André si tramanda di padre in figlio e il risultato è l'onda lunga di emozione che caratterizza questo “De André canta De André Best of tour teatrale", un omaggio al padre Fabrizio e alle sue canzoni impresse nella memoria collettiva e ancora estremamente attuali. Cristiano e la sua band saranno al Palexpo di Locarno il prossimo 29 marzo.
In un video che circola su internet dove insieme a Bresh state provando "Creuza de mä", a un certo punto tu posi la chitarra e dici "facciamo venire i brividi a tutti". Di canzoni da brivido, tuo padre si può dire che ha lasciato sufficienti scorte di magazzino: quali altre canzoni ti toccano particolarmente nel ricantarle?
«La versione di "Creuza de mä" che abbiamo fatto a Sanremo con gli archi è davvero emozionante, con Bresh che canta un'ottava più alta sul finale. Poi indubbiamente "Ho visto Nina volare" e "Amico fragile", perché mi sento fragile un po' come lui. Ma ce ne sono anche altre, come "Marinella" o "Andrea", "Verranno a chiederti del nostro amore"».
Come artista, quale tratto pensi di avere maggiormente ereditato da tuo padre?
«Sicuramente un'autocritica mostruosa. Lui era veramente autocritico, si penalizzava, si massacrava per arrivare a dei finali incredibili come quando scriveva "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori". Si cestinava e poi riscriveva: io ho acquisito quell'alto senso di autocritica, purtroppo non avendo però la sua genialità mi sono soltanto massacrato. Ho ereditato una certa insicurezza e il dubbio che si possa sempre fare di più».
Hai la fortuna di portartelo sempre dietro però...
«È la mia coscienza quotidiana. Gli parlo in continuazione in qualche modo, io vivendo anche abbastanza da solo perché poi ho scelto una vita ritirata in Sardegna, non ho sempre persone intorno e così mi sono abituato ad ascoltare la mia coscienza e la mia coscienza è lui. E quindi quando sono indeciso su qualche cosa, mi sembra di andare verso la direzione giusta ascoltandolo. È la mia voce-guida».
E da chi fa vita ritirata - tournée permettendo - quale miglior "buen retiro" che una casa chiamata "Il nido dell'Aquila"?.
«Ho venduto la casa di Milano e da anni vivo qui a Portobello di Gallura, su una collinetta da cui si vede il mare e l'aria è pulita. E qui ho il mio studio, dove tra l'altro sto registrando il mio nuovo disco».
Di arte in arte: c'è anche quella di cucinare. Vivendo da solo ti diletti anche ai fornelli. Il piatto della casa?
«Cucinare è il mio hobby e il piatto della casa è "Paccheri al Cristiano" con il tonno fresco infarinato con il vino bianco e limone grattugiato».
E dopocena si ricorda magari anche Genova, che è una città che però si ama più da lontano, come hanno affermato molti cantautori. A proposito, con gli illustri colleghi genovesi come Paoli o Fossati che rapporto hai?
«Genova la amo, è una città nella quale sono nato e sono cresciuto, però la si ama sempre di più da lontano, più che nel momento in cui ci vivi. Mio padre aveva la stessa sensazione che Genova era proprio una città da ricordare con il cuore, con l'aiuto della nostalgia. Ha questa particolarità. Gli altri cantautori, come tutti i genovesi, sono degli orsi bruni e quindi tendono a non farsi vedere quasi mai e quindi stare molto nella loro tana. Siamo di questa pasta noi genovesi e quando ci si vede baci e abbracci, poi però si scompare».
Che effetto ti fa vedere i teatri e i palasport pieni e notare che a cantare certe canzoni di ieri che sembrano scritte "stamattina" vi siano anche i giovani?
«È una libidine. Ho esaudito il desiderio di mio padre che voleva prendessi parte al tour "Anime salve" portando una nuova vitalità. Poi è successo quello che è successo. Dopo qualche anno ho preso una quarantina di opere sue e le ho incise, mettendoci qualcosa di mio. I giovani che cantano? Quando l'arte come nel caso di mio padre ha scritture così alte diventa atemporale, quindi in qualsiasi periodo storico tu la prenda funziona sempre».
Legami particolari con la Svizzera e il Ticino in special modo?
«Mi lega il fatto che qui avevo la fidanzata e si veniva a Lugano. Ogni tanto ci sentiamo, siamo ancora amici».
Ti tranquillizza il fatto che a Locarno Amadeus è quasi sicuro che non verrà a vederti? (ndr. Cristiano De André si era espresso polemicamente nei confronti del presentatore e dei "suoi" Festival di Sanremo).
«No, ma adesso questa cosa che ho detto l'han presa male. In realtà non è che abbia niente contro Amadeus, però credo che il festival con lui si sia un po' ridotto a un certo tipo di musica e invece credo sia giusto che ognuno deve essere libero di poter presentare la sua musica e non quella che gli viene imposta. E con dei testi dove non si parla solo di caramelle e di cuori infranti».
Tutta colpa di Sanremo il calo qualitativo della musica?
«Un pò la colpa è delle case discografiche e delle radio. C'è stato proprio un taglio netto, voluto, di tutta quella musica che non è solo la cassa in quattro. Quindi questo è un po' penalizzante e non è molto rispettoso per altri generi musicali. Un certo tipo di musica è diventato prioritario per certe persone che hanno voluto fare un business, producendo un impoverimento culturale».