Anche la seconda data luganese finisce in tripudio: il cantautore fa fare il trenino al pubblico e lo SciustenFeste è compiuto
LUGANO - È con il salmo di "Sopporta con me", un cappello-candelabro in testa e in abito verde, che apre il concerto: quando Vinicio Capossela arriva sul palco il pubblico che riempie il Foce lo accoglie con il solito tripudio che i frequentatori delle sue feste-concerto conoscono bene.
La canzone-preghiera per sopportare anche Salvini e il nuovo codice della strada italiano - La preghiera caposseliana di apertura "asperge" sentimento e spiritualità alla sua maniera e ai "sopportandi" si chiede di tenere pazienza e reggere l'urto persino del nuovo codice della strada italiano firmato Salvini, che fa entrare nella canzone, per poi subito esorcizzarlo quando attacca "Voodo mambo".
Dall'America jazz e ossessionata di "Notte newyorkese" alla Sicilia folk di "E la luna n'menzu u mari" - La musica si scalda e Vinicio infila subito in scaletta una "Notte newyorkese" piena di jazz frenetico e ossessionato, per poi planare nel folk all'italiana di "E la luna n'menzu u mari": lo SciustenFeste è così, musica colta e popolare s'intrecciano, le canzoni da pentagrammi incasinati s'intrecciano con quelli meno impegnativi, i brani acconciati per le feste a quelli di atmosfera.
La ballad blues di "Charlie" accompagnata da un calice di bianco - Accade quando arriva il momento di "Charlie", remake di "Christmas card from a hooker in Minneapolis" di Tom Waits: Capossela si siede per la prima volta al piano-organo antico dove bottiglie di Gin e un calice di vino bianco troneggiano davanti ai tasti bianchi e neri.
«C'è bisogno di un piano-bar» dice mentre il primo sorso di bianco se ne va. Ma prima di attaccare il pezzo chiede: «Cosa c'è da festeggiare a Lugano un 10 di febbraio?». La risposta è subito pronta: «Forse c'è un pezzo che però può traghettare a una festa, quella di San Valentino, che a volte però può essere anche una disgrazia: è Charlie».
L'ingresso nel pezzo fa calare il silenzio dentro il Foce. «Charlie, sono incinta, vivo sulla nona strada, proprio sopra quella sporca libreria di Euclide Avenue. E ho smesso con la roba e ci vado piano con il whiskey» canta chinato sul piano Capossela, ondeggiando nelle scene fumose e oniriche del pezzo.
Il "Sante Nicola" del Sud umile e povero contrapposto al Santa Klaus americano e "amazonizzato" - Ma per ballad e musiche soft nello SciustenFeste non c'è molto posto, lo spettacolo celebra il giubilo, così subito dopo il travestimento di scena s'impone e Capossela torna sul palco vestito da "Sante Nicola", «non Santa Klaus, quello è emigrato in America e ha fatto soldi, anzi oggi si è amazonizzato e porta i doni tutti i giorni dell'anno e a tutte le ore». Ma nel mettere alla porta un'epoca troppo consumistica, tira una stoccata politica. «Oggi la gente non sa più a che santo votarsi e così vota male» redarguisce il buon Vinicio.
Tempi musicalmente grami e così tanto sanremesi: Capossela risponde "Con una rosa" - In tempi musicalmente grami e così tanto sanremesi, per non uscire proprio dal tema si rivolge un'altra volta al pubblico luganese: «Cosa possiamo cantare qui in riviera e a quale fiore rivolgersi?». La seconda risposta anche quella è già pronta e l'affida alle note di "Con una rosa": e con questo primo bis anche i pensieri per Sanremo sono accontentati.
Capossela fa del 10 febbraio un Capodanno: nel "sambodromo" del Foce la gente fa il trenino come a San Silvestro - Dopo quasi un'ora e quarantacinque di spettacolo arrivano "Scatafascio", "E allora mambo", "Che coss'è l'amor" e così almeno un po' del tanto memorabile menù di Capossela è servito. Ma siccome lo SciustenFeste è il concerto delle feste di Natale che da 20 anni il cantautore porta al Fuori Orario di Taneto di Gattatico (Reggio Emilia) e che conduce dritti al Capodanno, il cantore del circolo umano dei bohémien e degli amori fuggiaschi, trasforma un anonimo 10 di febbraio di una notte luganese in un 31 dicembre, con conto alla rovescia, botti e coriandoli compresi.
«Adesso dovete fare il trenino». Il Foce diventa un piccolo sambodromo e in mezzo alla sala parte un trenino stile notte di San Silvestro.
Il finale commovente "a fisarmonica" di "Ovunque proteggi", canzone «che va oltre» - Capossela se ne va ma il pubblico lo richiama fuori. Lui torna, imbraccia fisarmonica e commozione, perché le sue dita dettano le note di "Ovunque proteggi": è la sua canzone, quella del suo tempo di vita di oggi e che sente di più e si vede mentre la canta.
Del resto lo aveva confessato nell'intervista che aveva concesso a Tio che "Ovunque proteggi" è un pezzo che va un po' oltre, che porta da qualche altra parte.