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Fiamme su Hollywood, la ballata triste dello show business

Gli incendi hanno assestato un colpo durissimo a un'industria che sembrava risollevarsi, dopo anni di sofferenza
Gli incendi hanno assestato un colpo durissimo a un'industria che sembrava risollevarsi, dopo anni di sofferenza

I disastrosi incendi che da dieci giorni tengono in scacco l'area di Los Angeles potrebbero mettere la parola "fine" sulla Hollywood che abbiamo conosciuto da un secolo a oggi. È uno scenario estremo, ma più di un addetto al lavoro ha iniziato a parlarne sui media statunitensi e sui social.

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Le nomination possono attendere - Gli incendi sono scoppiati nel bel mezzo della stagione hollywoodiana dei premi, tra la cerimonia dei Golden Globes e l'annuncio di un gran numero di nomination. L'Academy ha fatto slittare quelle (attesissime) degli Oscar prima al 19 gennaio, quindi quattro giorni dopo. Martedì 14 gennaio dovevano essere annunciate quelle dell'associazione degli sceneggiatori, ma è stato necessario un rinvio a data da destinarsi. Vale lo stesso per le candidature della American Society of Cinematographers e per i Critics' Choice Awards, che si terranno in un giorno ancora non fissato nel mese di febbraio.

La cerimonia degli Oscar, al momento, non è in forse e resta fissata al 3 marzo, al Dolby Theatre di Hollywood - minacciato ma non interessato dalle fiamme che hanno avvolto parti del chilometrico e iconico Sunset Boulevard.

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Regna la solidarietà - Non si contano gli addetti dell'industria dell'intrattenimento costretti ad abbandonare la propria abitazione, e sono molti quelli che una casa non ce l'hanno più. Non si contano le riunioni rinviate e il ricorso quando possibile al lavoro da remoto. Variety dà conto da giorni di una diffusa solidarietà: agenzie e studi di produzione che hanno messo a disposizione alloggi ai dipendenti, a prezzo scontato o addirittura gratis; responsabili che contattano i sottoposti per accertarsi che tutti stiano bene. I grandi studi hanno fatto donazioni da sette od otto cifre a favore della lotta alle fiamme o per la ricostruzione: Warner Bros ha offerto 15 milioni; Amazon, Netflix e Comcast 10 milioni; Sony cinque; Paramount un milione. «Il nostro studio ha chiamato Burbank casa per più di 100 anni e siamo concentrati su ciò che deve essere fatto per aiutare le persone colpite a riprendersi da questo disastro e a ricostruire nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire", ha affermato un portavoce di Warner Bros. «Non vedevo le persone unirsi in questo modo dai tempi del Covid», ha dichiarato un dirigente.

Un nuovo colpo per l'industria già in crisi - Già, il Covid. Un'emergenza planetaria che pesò molto sul settore dello show business (come su migliaia di altri). A questo scossone bisogna aggiungere quelli provocati dai due lunghi scioperi, specialmente quello durato quattro mesi tra l'estate e l'autunno del 2023. Ora che si assisteva a un ritorno alla normalità, ecco le fiamme. Hollywood e la California sono abituati agli incendi, ma non a fenomeni di queste proporzioni. Lo slogan "Sopravvivete fino al 2025", scandito tante volte lo scorso anno, ha oggi un sapore amaro.

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Quest'anno sarebbe dovuto essere quello della ripresa, dopo un biennio molto complicato - segnato da una marcata disoccupazione nel settore, di un costante calo nel numero delle produzioni statunitensi e dalla bolla dello streaming sul punto di scoppiare. «L'industria dell'intrattenimento è fondamentale per la vitalità economica della regione di Los Angeles», ha affermato mesi fa Karen Bass, sindaca della Città degli Angeli. Lo disse in concomitanza con l'annuncio di una task force per valutare nuovi incentivi per la produzione cinematografica a Hollywood. Bass ribadiva all'epoca come questa fosse una «pietra angolare» dell'economia della città, in grado di fornire centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ma era al contempo una manovra per indurre gli Studios a non abbandonare la California, in cerca di lidi con condizioni economiche (e tassazioni) più favorevoli.

Basti pensare alla Georgia, che ha fatto di Atlanta il più grande centro di realizzazione di prodotti audiovisivi negli Usa dal 2016 a oggi. Qualche Studio potrebbe pensare di fare definitivamente le valigie, lasciando la California per lidi meno rischiosi. Non è fare le Cassandre, prevedere che sarebbe comprensibile non voler rivivere mai più una simile situazione.

Una quotidianità ferita - Di sicuro la quotidianità di Hollywood è stata modificata, se non addirittura stravolta, da questi terribili incendi. Anche per chi non ha visto la sua casa andare in cenere. Gli studi televisivi hanno ripreso a funzionare, tenendo in considerazione i rischi legati ai roghi ancora attivi e alla qualità dell'aria dannosa per l'organismo. Le attività legate al grande schermo o alle piattaforme sono invece ridotte al minimo. «Alcune persone non riescono ad abituarsi ad andare al lavoro», ha dichiarato sempre a Variety un veterano della distribuzione cinematografica. «Come pensi al lavoro con tutto questo che succede?». Un altro dirigente, attivo nel settore delle vendite e della finanza cinematografica, pensa che sia presto per capire quale sarà il reale impatto, ma aggiunge: «Quello che è certo è che questo è molto negativo per l'economia di Los Angeles già malata. Le prossime due settimane potrebbero essere più lente del solito, ma non mi aspetto che molti progetti vengano ritardati».

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Una proposta per gli Oscar - Dicevamo degli Oscar. Mai come quest'anno la cerimonia in programma tra un mese e mezzo potrebbe avere un valore fondamentale, non solo per Hollywood. «Una cerimonia ben organizzata, con qualche omaggio di buon gusto alle vittime e uno o due discorsi di ringraziamento senza dubbio efficaci, sarebbe esattamente ciò di cui Los Angeles e il Paese hanno bisogno» ha scritto Steven Zeitchik sull'Hollywood Reporter. Che accoglie la provocazione lanciata dall'attrice Rosanna Arquette: privare la cerimonia degli Academy Award di tutto lo sfarzo e trasformarla nel «più grande telethon del mondo», ovvero «un gigantesco evento di sensibilizzazione basato sulle arti» come i mitici raduni degli anni '80 (come il Live Aid o la seduta di registrazione che portò a "We Are The World"). Così facendo, gli Oscar «salverebbero Los Angeles (e se stessi). Sarebbe un Oscar per i posteri. E potrebbe farci sentire meglio, almeno per un momento, riguardo allo stato del mondo».


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