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LUGANOLuca Bizzarri e le gaffe dei politici: «La rappresentazione di noi stessi»

06.12.24 - 06:30
Il comico genovese sarà domani sera (ore 20:30) al Lac con lo spettacolo "Non hanno un amico", ispirato al suo podcast di successo.
Foto Imago
Luca Bizzarri e le gaffe dei politici: «La rappresentazione di noi stessi»
Il comico genovese sarà domani sera (ore 20:30) al Lac con lo spettacolo "Non hanno un amico", ispirato al suo podcast di successo.

LUGANO - Fare un profondo respiro o contare fino a 3 prima di twittare e magari chiedere anche consiglio a un amico prima di postare. Invece niente, si parte in quarta e quel che è scritto è scritto.

Così ai comici il materiale non manca mai e gli strafalcioni e le imbarazzanti condotte in salsa socialità da internet dell'umanità varia (dai politici ai calciatori, dai vip al benzinaio sotto casa) vanno a formare l'impianto narrativo di un esilarante e irridente spettacolo come quello che Luca Bizzari porterà in scena domani sera al Lac di Lugano (inizio ore 20:30). Si ride già sul titolo - "Non hanno un amico" - sapendo dove l'eclettico e bizzarro attore genovese vuole andare a parare.

Tanta gente sola dunque, senza amici in grado di dispensare qualche buon consiglio, visto cosa si legge e vede sui social?
Siamo tutti un po' soli così, no? Come dire, a me diverte puntare il dito verso i politici perché rivestono anche un ruolo, per cui è giusto che i giullari puntino le dita su di loro. E però poi noi non siamo tanto diversi. Ecco, proprio come quello che racconto in questo spettacolo: i politici senza amici sono un po' la rappresentazione di noi stessi. Sono uno specchio che ci viene messo davanti e gli somigliamo più di quanto vorremmo. Ecco, quando ce la prendiamo con loro, un po' ce la prendiamo anche con noi stessi, perché pure noi abbiamo le nostre debolezze, le nostre vanità. E facciamo le nostre brutte figure pure noi.

Beh ma immagino che almeno ti metta a contare fino a 3 prima di pubblicare qualcosa?
Mah, guarda, delle volte sì ma delle volte no. Delle volte anche io mi faccio prendere e mi metto a ingarellarmi con chi mi scrive sui social. Anche io faccio parte dei senza amici. E quando mi scontro con quelli che mi insultano vuol dire che o sono sul treno e mi sto annoiando a morte o sono sul cesso. Quella si chiama colite.

In un episodio del tuo fortunatissimo podcast da cui è tratto lo spettacolo, hai promosso la data di Lugano dicendo che nella città ticinese ci sono un sacco di cose interessanti oltre al teatro: ovvero?
La cioccolata, gli orologi...

Nient'altro?
Mi fermerei sull'agroalimentare...

Cosa c'è di così affascinante nel brusio che sale dal pubblico cinque minuti prima che si alzi il sipario? Hai dichiarato di esserne ammaliato. Lo troverai anche a Lugano e magari ti attendi qualche variazione sul tema...
Devo dire la verità, non varia molto da città in città. Però è un momento che per un attore è uno dei più belli e anche uno dei più emozionanti. Quando stai per entrare in scena e senti che la platea è piena, che la gente chiacchiera e tu sei lì a un metro da loro e non ti possono vedere. Però tu puoi sentire loro. Insomma, è un po' come quando si accordano le orchestre, è quel "La" che ti prepara a qualcosa che però non c'è ancora, ma è una promessa. E quel suono lì che ha il brusio a me piace particolarmente. E poi è benzina per me. Cioè mi metto lì e mi carica, mi dà energia, mi spinge.

La politica assicura molto materiale ai tuoi spettacoli: poi succede però che i politici telefonano e spesso scrivono. Fra gli epistolari via WhatsApp più noti, le cronache hanno registrato quello con il ministro dell'Agricoltura (ed ex cognato della premier italiana Giorgia Meloni) Francesco Lollobrigida. Ti scrive ancora?
Ultimamente no. Ma io non gli rispondo. Cioè, quando diventa stalkeraggio allora rispondo, però di solito cerco di non rispondere. Devo dire che non rispondo né a quelli che mi vogliono male né a quelli che mi vogliono bene. Penso che la comicità e la politica debbano salire su palchi diversi, sempre. E quindi, come mi danno fastidio i politici che se la prendono coi comici mi danno anche un po' fastidio i politici che trattano bene i comici, che se la ridono con loro.

Oltre al teatro c'è anche la televisione: con Paolo siete i protagonisti della copertina satirica del programma di Giovanni Floris. Fare ridere uno come lui non è facile, eppure siete riusciti a valicare i confini della sua compostezza e trascinarlo dentro la vostra comicità: certe sere se la ride spassosamente.
Floris è un caro ragazzo, gli voglio un gran bene e siamo molto amici. Però è l'uomo con meno senso dell'umorismo sulla faccia della terra. O meglio, non ha un senso dell'umorismo come il mio. Ogni tanto, una volta all'anno a dire il vero, succede che quella battuta lì gliela devo spiegare, perché giustamente lui fa un altro mestiere. Ma vedo che si diverte molto e non interviene mai sulle nostre scelte. Molto spesso non sa cosa c'è scritto nel pezzo che faremo in trasmissione.

Come sta Genova? Politicamente ma anche culturalmente parlando.
Credo che Genova sia una città totalmente inespressa. È una città dove da cinquant'anni non cambia niente. Un giorno un tassista mi ricordo che mi disse che a Genova comandano quindici famiglie e la cosa pazzesca è che nella Genova rinascimentale comandavano le famiglie. È una città ferma, molto vecchia e piena di vecchi.

E del suo noto fermento culturale che ne è rimasto?
Secondo me c'è ancora, ma ora come allora è un fermento provocato dall'angoscia, dalla disperazione. Infatti da Genova escono comici o cantautori tristi, non escono persone che come dire stanno bene. Gente serena di qua non ne viene fuori, perché non è possibile, perché è una città che ripeto rimane sempre uguale a se stessa e questa cosa è angosciante ed è anche un po' tossica secondo me.

Che rapporto hai con i tuoi conterranei? Sai la vecchia storia che non si è mai profeti in patria...
E con i genovesi è così. Ne parlavo proprio l'altro giorno con Antonio Cassano. Io abito vicino a lui e ci vediamo perché mangiamo nello stesso ristorante. Lui è molto più famoso di me dal punto di vista della popolarità, no? E mi diceva che era contento di stare a Genova perché i genovesi hanno talmente tanto la puzza sotto il naso che fanno finta di non riconoscerlo. Piuttosto di darti la soddisfazione, di farti capire che ti hanno riconosciuto, fanno finta di non riconoscere. E con uno come Cassano che, immagina, se lui vivesse a Roma o a Napoli quanto gli romperebbero le balle. A Genova nessuno lo considera. E anche per me accade a volte la stessa cosa.

Prevendite disponibili sul sito del Lac

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