Marko Miladinović, poeta ticinese e fondatore della band Amiata (pop musik), racconta il nuovo disco.
LUGANO - Si intitola "Alti eldoradi" ed è il nuovo disco della band ticinese "Amiata (pop musik)": ne abbiamo parlato con il poeta ticinese Marko Miladinović, fondatore con Marco Infesta Guglielmetti del gruppo, di cui fanno parte anche Matteo Simonin, Claudio Büchler, Filippo Zanoli e Federico Sicilia.
Ascoltando il disco si entra in una dimensione testuale e musicale che sembra porre il "viandante musicale" di fronte agli enigmi che da sempre ingombrano le esistenze: con la tua elaborata ricerca sfociata nelle canzoni di questo disco, vuoi dare all'ascoltatore delle chances per meglio codificare chi sia l'uomo?
Nessuna chance. Ciò che è segreto resta tale. Sta a noi trarre da questo le nostre forze, e senza mai poterlo svelare, o le perdiamo. Tramite la poesia, l’arte in generale, si arriva a “non distinguere più ciò che è nostro da quello che spetta all'autore. Raggiungendo una zona impersonale di indifferenza, in cui ogni nome proprio, diritto d'autore, pretesa di originalità vengono meno” G. Agamben. È così che, juntos en genio, ci sorprendiamo e ce la spassiamo grandiosamente.
Trovo, dal punto di vista musicale, un substrato di onde musicali provenienti dal linguaggio estetico sonoro di Bauhaus, Sisters of Mercy, Joy Division: hai amato questi gruppi? E se sì, quali sono stati a tuo avviso i principali meriti nell'innovazione dell'espressione musicale di cui si sono fatti portatori?
Sì, li ho amati!, così come, del nostro sestetto, Marco Infesta Guglielmetti e Matteo Diesozialgans Simonin, con cui compongo le canzoni. Ma non siamo mai stati darkettoni ops! Oltre all’uso pazzesco di basso/batteria e sintetizzatori (tutti ne dovrebbero possedere uno!), ci dicono ancora oggi: non avere paura aguzza le antenne e senti qua, rendi visibile il visibile che è sotto il tuo naso! Restano un esempio per vivere liberamente.
In Federico a un certo punto dici "cadono le nazioni": un concetto tristemente attuale. Come stai vivendo le angosce di questo tempo costellato di conflitti e immagini di morte?
È terribile. Terribile è che tutto il mondo non si fermi. Vivo rallentato, non smette mai, voglio fermarlo, non posso rallentare. Mi vergogno, di partecipare direttamente o no ai crimini più maledetti. “Siamo sempre di meno. Le nostre parole d'ordine sono confuse. Il nemico è sempre più forte” B. Brecht.
In Urca Burckhardt torna l'alterità di entrare nel territorio del sogno: al di là però c'è la realtà che tu interroghi chiedendo “Chi ha fatto questo deserto dillo”. Secondo te chi l'ha prodotto?
L’egoismo mortale. Ha anche nomi propri. I miei amici ottuagenari si scusano con me “Non pensavamo che le cose potessero andare così male”. Siamo già oltre il punto di non ritorno. E io canto nel verso successivo “Vuoi stringere la sua mano fallo”. Possiamo fare qualcosa: non stringere quella mano. Non perpetuare l’egoismo né l’inganno. Impegnarci sempre per non lasciare indietro nessuno.
In "Non si gode" affronti il tema dell'amore: che significato ha per te questa parola, questa dimensione, questo pilastro vitale che tiene unite le persone?
Lo sto ancora imparando! Ho pensato di saperlo, e poi non più e poi ancora e di nuovo non più. Tutto quello che so lo canto nel coro del ritornello “delizia di miele e magia dolce e crudele, non si gode se prima non si dà da godere”
Il ruolo della poesia, da sempre materia salvifica per le persone e che mostra l'aldilà delle cose, in che stato di salute versa?
La poesia ci fa dire ciò che possiamo e non possiamo fare, e non è contenuta nel mondo ma lo contiene. Per cui se c’è un ammalato, presente! E per rispondere alla tua domanda... “Sta bene grazie!”. In verità non abbiamo altre parole che quelle della poesia.
Da Buzzati a Joyce, ma anche Leopardi, Cocteau, Nietzsche, Eraclito, Céline, Collodi: l'umanità letteraria e Filosofica in soccorso dell'uomo. Sono loro gli autori che ti sono serviti per vivere e alimentare il tuo percorso artistico?
Di loro canto i versi nel disco, ma devo confidarti: faccio ancora distinzioni tra poesia e canzone, sic!, in questo senso: la scrittura di una canzone mi permette di rubare maggiormente i versi altrui e mischiarli ai miei; mentre in poesia questo è... poesia? Si ruba ciò che già ci appartiene, e io mi sveglio ogni giorno con cento tasche, perché a me appartiene molto. Grazie!