
Quella di Stefano, 22enne di Bellinzona, è una conversione: dopo la trap, il pop cristiano per raccontare «tutte le mancanze dei giovani».
BELLINZONA - Prima «il tumore alla mandibola operato d'urgenza quando avevo 14 anni e pochi amici», poi «a diciotto le cattive compagnie e quella pistola puntata addosso». Fino alla consapevolezza salvifica di aver «toccato il fondo»: «le lacrime» che iniziano a scorrere e poi quel «sogno che mi ha cambiato».
È la conversione spirituale di Stefano Vivanco di Bellinzona che oggi, a 22 anni, tenta la via della musica scegliendo «una strada controcorrente, quella della speranza».
E Stefano lo fa con un nome d'arte («Nefasto è l’anagramma del mio nome») e i piedi ben saldi in terra («sono operaio nell'edilizia»). Umiltà sincera, la sua, avvolta in una voce nuova per il Ticino («È la mia prima intervista»), marchiata da un timbro caldo, sconosciuto al grande pubblico ma che non lascia indifferenti.
Stefano, partiamo dal tuo nuovo nome d'arte.
«Nefasto è l'anagramma del mio nome ma penso di cambiarlo in Alejandro, che simboleggia la vittoria sui problemi della vita»».
Esperienze che racconti con il tuo «pop contemporaneo cristiano».
«Esattamente. Ho studiato musica e ho amato il pop, guardando a Justin Bieber che è il top a livello vocale. La musica è un mezzo di trasporto attraverso cui portare emozioni e messaggi, in particolare quello cristiano. Che non significa essere noioso. Per me non si tratta di religiosità ma di relazione con Dio, per trasmettere speranza nonostante gli errori».
Quali?
«Fino a 18 anni ho vissuto come peggio potevo: cattive amicizie e tutti gli errori di chi sta in strada».
Come ne sei uscito?
«A 14 anni, quando mi ero appena trasferito in Ticino dal Piemonte, ho avuto un tumore alla mandibola, trovato per miracolo. Sono stato ricoverato e operato d'urgenza a Zurigo. È lì che a un certo punto ho sentito pace, calma, amore che arrivava da qualcuno più in alto».
Ma per la tua «conversione» hai dovuto attendere ancora.
«A 18 anni c'è stato un evento: mi è stata puntata una pistola addosso da una persona che è poi stata arrestata. C'era la sicura, si era dimenticato di toglierla e sono riuscito a scappare. Quella sera ho toccato il fondo, mi vedevo brutto, mi disprezzavo anche solo a vedermi. Mi sono chiuso nella mia stanza e per la prima volta ho pregato Dio, implorando di cambiare fino ad addormentarmi in lacrime e vivere un sogno che mi ha cambiato».
Ce ne parli?
«Ero seduto in giardino con una persona che sentivo di conoscere da bambino e provavo pace. Fino all'arrivo di una folla inferocita che mi ha ripetuto gli sbagli fatti, dicendo "ti dobbiamo uccidere". La persona che era con me prende le mie difese ma viene colpita a morte. Ho cercato inutilmente di aiutarla ma poi questa persona mi guarda e mi dice: "lo faccio perché ti amo". Mi sono svegliato, piangevo».
Da lì tutto è cambiato.
«Ho pianto per settimane e ogni dipendenza è sparita. Ho realizzato ciò che aveva fatto Gesù: prendersi colpe che non aveva. E ho capito. Sono sparito dai social per un anno e mi sono allontanato dalle amicizie. Da lì ho iniziato a frequentare l'Associazione Missionaria Sabaouth a Lugano: canto nelle varie attività che facciamo nel privato, non ancora in chiesa».
Nei tuoi testi parli di amore, pace, speranza, perdono.
«La cosa interessante è che io per tutta la mia vita non ne volevo sapere niente di religione, nonostante la mia famiglia. E anche io sono stato nel mondo della trap, indeciso su che strada prendere».
E poi?
«Mi sono reso conto che oggi si cerca di sopravvivere, non di vivere, riempiendo la giornata di cose futili, che se ne vanno via come sabbia tra le mani. Dove un sacco di giovani si atteggiano da gangster veicolando messaggi di sesso e droga. Io ho scelto di andare controcorrente, come luce in mezzo alle tenebre. Non sarò gettonato in questa scelta, ma il mio obiettivo non è diventare famoso ma seminare speranza».
Il singolo "Ottagono" è nato così.
«È l'ultimo di altri brani pop. E adesso sto lavorando a un album che uscirà nel 2025 con 12 canzoni. Affronta i disturbi, le agonie, la depressione e tutte le mancanze che i giovani sentono all'interno della propria vita».
Raccontaci qualcosa di più di quest'album.
«Sarà prodotto da Airprod Studio di Simone Morabito, anche lui credente come me. Con lui sono cresciuto, io gli mando idee, accordi, testi e poi li perfeziona. Registriamo in studio, Simone fa il mastering e rende reale il progetto».
Possiamo definirti un vero e proprio cantautore?
«Ho scritto tutti i testi e anche gli arrangiamenti. In passato ho studiato canto da un'insegnante privata e per il resto sono un'autodidatta: chitarra e piano».
A quando un'esibizione live?
«Sto cercando di organizzare dei concerti ma fin quando non esce l’album aspetto. Ci sono diversi artisti cristiani emergenti a Milano con cui vorrei collaborare a una serata a tema "luce". Spero che adesso si facciano avanti con progetti coerenti con la musica che faccio».
Oltre al lavoro e alla musica, c'è dell'altro?
«Gioco a calcio per hobby a Canobbio in quarta lega, sono appassionato di questo sport e mi piace socializzare: la squadra è diventata una seconda famiglia».