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LUGANO«Dedicato a chi non ha paura del nuovo». Isabelle Huppert arriva al LAC

26.09.24 - 08:45
L'acclamata attrice francese inaugura la stagione teatrale del LAC con "Bérénice", uno spettacolo che ha diviso pubblico e critica
Foto di Jean Michel Blasco
L'attrice Isabelle Huppert
L'attrice Isabelle Huppert
«Dedicato a chi non ha paura del nuovo». Isabelle Huppert arriva al LAC
L'acclamata attrice francese inaugura la stagione teatrale del LAC con "Bérénice", uno spettacolo che ha diviso pubblico e critica
Ne parliamo con Carmelo Rifici, direttore artistico del LAC.

LUGANO - Alla prima di Parigi, al Théâtre de la Ville di Parigi, c’è stato chi ha abbandonato la sala e chi invece ha urlato al genio. Bérénice di Romeo Castellucci, interpretato da una delle più grandi attrici francesi di cinema e teatro, Isabelle Huppert, arriva a Lugano domenica e lunedì per inaugurare la stagione teatrale del Lac.

Uno spettacolo che ha diviso pubblico e critica tra coloro che hanno apprezzato la rilettura del tutto personale fatta da Catellucci del capolavoro di Jean Racine, e coloro che invece si sono sentiti smarriti nella tragica vicenda di Bérénice e nell’infelice storia d’amore fra la regina della Palestina e l’imperatore romano Tito, costretto a cedere alla ragion di stato.

C’è però un elemento che ha convinto il pubblico e la critica, ed è l’interpretazione della Huppert. Attrice che non ne sbaglia una né al cinema, né al teatro. Ed è proprio la sua forza ad aver convinto il direttore artistico del LAC, Carmelo Rifici: «La Huppert è un’icona, un modello. Per quelli di noi che amano il cinema e il teatro d’autore, è stata e rimane un’attrice di riferimento. È capace di recitare al cinema e a teatro con una forza magnetica. Non è mai convenzionale, è sempre moderna in ogni sua interpretazione, sa distinguere il teatro dal cinema, ma in entrambi i casi ha una capacità mimetica di entrare nei personaggi fuori dal comune. Anche per le giovani generazioni di attrici Isabelle Huppert resta il grande modello da seguire, un’ispiratrice».

Qual è la forza di uno spettacolo come Bérénice?
«La visionarietà dello spettacolo. Chi verrà a vedere il lavoro di Castellucci non deve pensare di poter capire tutto. La tragedia è scritta in versi martelliani, è recitata in un francese antico e poetico. Chi verrà a vedere questo spettacolo deve potersi abbandonare allo straordinario viaggio tra immagini, suoni, oggetti e attori che il regista ha previsto. Non bisogna mai avere paura del nuovo, soprattutto quando a presentarci il nuovo sono artisti superlativi come la Huppert e Castellucci».

Fu rappresentata per la prima volta nel 1670, quanto possiamo ritenere attuale il tema della tragedia?
«Il testo non è attuale, il testo parla di Mito e il Mito non è attuale, quello che resta attuale è il senso della tragedia. La solitudine in cui ognuno di noi può cadere quando diventa vittima di una situazione. Ognuno di noi sa perfettamente che cosa significa sentirsi soli quando non si è capiti, o quando si diventa oggetto di persecuzione di qualcun altro. Noi viviamo sempre in una dimensione tragica, fortunatamente ci costruiamo una vita che cerca di superarla».

Personalmente cosa l’ha colpita maggiormente dello spettacolo?
«La forza del linguaggio di Racine in bocca a un’attrice straordinaria come Isabelle Huppert. La forza della visionarietà della regia che non scende a compromessi con la convenzione teatrale, ma costringe tutti noi a un viaggio esperienziale».

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