A tu per tu con l'istrionico attore e regista abruzzese che sarà a Lugano questo sabato (ore 21:15) al Palazzo dei Congressi.
LUGANO - Maestro della comicità surreale, avanguardista, parodista, un fuoriclasse della risata. L'elenco delle definizioni su di lui è lungo come il campionario di video e film con cui ha inondato il piccolo schermo di internet. Maccio Capatonda (abruzzese di Vasto) attore, regista, sceneggiatore e scrittore sarà al Palazzo dei Congressi di Lugano domani (14 settembre) alle ore 21:15. Capatonda (che presto vedremo come co-protagonista accanto a Carlo Verdone in "Vita da Carlo 3") ripercorrerà il mondo (tutto suo) nel quale artisticamente si è posato assieme ai suoi personaggi e alle espressioni - entrate nel linguaggio comune - da questi coniate. Lo abbiamo incontrato prima della sua apparizione davanti al pubblico ticinese.
Nasci filmicamente con l'idea di fare il regista horror, poi è finito tutto in un mare di risate: per la tua vita professionale diciamo non si può dire che non sia stato un bene. La scoperta di sentirti comico come l'hai presa?
«Ah, è una bella domanda. Il mio obiettivo principale era quello di fare cose video che facessero paura e poi mi sono reso conto che almeno in quel frangente le cose serie mi venivano male, perché non avevo i mezzi per farle. Quindi ho scoperto subito il trash, già nell'infanzia perché cercavo di fare i rifacimenti di film anche che mi piacevano e che però venivano involontariamente ridicoli, perché appunto non avevamo i mezzi per farli. Il fallimento dell'operazione risultava comico. Quindi possiamo ufficialmente dire che la mia carriera da comico è il fallimento di quella drammatica».
Osservo, però, che nelle tue ultime cose realizzate l'elemento narrativo "dramma" si è insinuato: elemento comico e tratto lievemente tragico si toccano, come nella migliore tradizione della commedia italiana, anche se tu hai sempre virato in tutt'altra direzione.
Sto cambiando, sto cercando di fare anche cose un po' più serie, drammatiche, perché comunque la vita è fatta anche di quelle cose lì. Ma sempre con quelle sfumature "capatondesche" di un comico che è una persona che non si prende troppo sul serio o che non riesce mai a prendersi sul serio».
Portato sulla via del cinema dopo avere visto "Ritorno al futuro", avevi 9 anni quando hai cominciato a fare video. Le tue prime "opere" in VHS sono roba cult oggi: un oggi rappresentato da un seguito straordinario di pubblico che ti ferma per strada e parla come i tuoi personaggi. Ho letto però che a volte la tua timidezza genera un certo imbarazzo nella occasionale relazione che si crea in quel frangente.
Io questa cosa qui di essere un giorno fermato per strada non me la sarei mai aspettata. Mi ero abituato al fallimento, pensavo anzi di essere quasi votato all'insuccesso. Poi quando è arrivata la notorietà ho pensato che fossi in qualche modo destinato a tutto questo. Di base sono una persona piuttosto timida o comunque piuttosto refrattaria in alcuni casi alla socialità. Sono una persona che ci mette del tempo per entrare in confidenza con gli altri e quindi prima di aprirmi deve passare del tempo. Quando arrivi per strada e conosci qualcuno così, al momento, io metto subito una sorta di muro che nasce spontaneamente. Però poi cerco di comprendere l'esigenza, e so distinguere la persona che davvero mi vuole bene, che è mia fan, da chi è lì per la collezione di selfie con il personaggio pubblico di turno. Queste cose si sentono sai? Le percepisci.
Due domande in una e legate dallo stesso filo concettuale: ti sei mai stancato di fare ridere e ti prende a volte la sindrome del clown triste, alla Charlot? Che è poi spesso il lato malinconico nascosto di un comico.
Io mi stanco spesso delle cose, però il mio antidoto alla noia sono le idee, tante, che mi permettono di fare lo stesso lavoro in tanti modi diversi. Quindi per fortuna c'è sempre una storia nuova che mi attende e che magari non permette alla "sindrome" di presentarsi alla mia porta.
Ti ho sentito dire che parlare ti fa bene quando trovi l'interlocutore giusto e che non hai bisogno di andare dallo psicologo.
Sì, così risparmio anche. Beh, il dialogo mi serve, mi conosco meglio, raccontarsi a qualcuno con cui si è in sintonia è la migliore cosa e fa proprio bene.
Sei atterrato su internet e lì sei cresciuto. Di digitale sei vivo e vivi. Però nel tuo film "Il migliore dei mondi", il tuo film uscito l'anno scorso, hai voluto portare la tua personale riflessione "capatondesca" - sempre tra il surreale e il serio - sui prodigi e gli aspetti meno positivi del giocattolo tecnologico che abbiamo in mano. Non ultimo il sovraffollamento delle "merci" digitali.
Quando ho iniziato eravamo in pochi. Questa sovrabbondanza di video e di persone che li fanno svaluta sicuramente il mezzo e quindi svaluta un po' anche la professione. È una fabbrica che produce all'ingrosso quantitativi di film impressionanti, come se il pubblico non avesse altro da fare che stare davanti alla televisione. Il grande cambiamento che è avvenuto è che la gente ha imparato a non vivere più nel mondo reale o comunque ad avere due mondi in cui vivere: uno in cui guarda e produce contenuti e l'altro in cui vive la vita reale. Ha due mondi a disposizione ma bisogna essere capaci di gestirli e soprattutto che il mondo virtuale non prenda il sopravvento su quello reale.
Tu stesso ti sei sentito assediato: hai cominciato a disdire abbonamenti su alcune piattaforme.
Ho deciso di pagare solo il film che voglio vedere. A che serve avere a disposizione migliaia di film che non potrai vedere a meno che tu non trascorra la giornata a fare lo spettatore di cinema?
Da cinefilo, quali sono i registi portatori di uno sguardo che ti sono di aiuto nel momento in cui cominci a girare?
Beh, Zemeckis mi ha flashato, poi Kubrick, Lynch, Dario Argento. E per la commedia ovviamente il grande Verdone, mio idolo quando ero bambino. Puoi provare a immaginare cosa significhi essere co-protagonista in una sua opera.
Sempre restando in zona cinema italiano, cosa pensi della strigliata di Nanni Moretti a Venezia rivolta ai produttori "poco reattivi" nel protestare contro la nuova legge del cinema dell'ex ministro della Cultura Sangiuliano che penalizzerebbe le produzioni e che agisce sul tax credit, rendendo sempre più difficile fare cinema?
Non l'ho seguita perché ho lavorato tutta l'estate e quindi non posso entrare nell'argomento perché non conosco le modifiche che vanno ad agire sul tax credit. Partendo dal fatto che il mezzo cinema oggi è molto più accessibile grazie ai bassi costi delle attrezzature, fare cinema ed entrarvi non è facile. Io ho degli amici che provano a fare corti e sfondare e non ci riescono. Questo perché si fanno tantissimi film e però molto spesso li fanno sempre le stesse persone. Però io penso che se tu hai talento, un po' come è successo a me, alla fine vieni fuori».