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LUGANO Teo Teocoli a Lugano: «Improvviserò, come faccio sempre»

09.09.21 - 06:30
Il comico e imitatore ci ha raccontato come ha vissuto la pandemia e qual è il suo rapporto con la Svizzera.
Teo Teocoli
Teo Teocoli a Lugano: «Improvviserò, come faccio sempre»
Il comico e imitatore ci ha raccontato come ha vissuto la pandemia e qual è il suo rapporto con la Svizzera.
«Sono stato quasi un anno da solo ad Ibiza senza tv né telefonino. All'inizio è stata dura».

LUGANO - Sabato 18 settembre, in occasione dell'Endorfine Festival, è previsto un incontro con il mitico Teo Teocoli al Palazzo dei Congressi in cui l'imitatore, attore, cantante, e presentatore si racconterà a tutto tondo. Ecco quello che ci ha anticipato. 

Che tipo di serata ci aspetta? 

«Improvviserò, come faccio sempre. Parlerò anche di come la pandemia abbia completamente interrotto il mondo dello spettacolo. E non mancheranno anche i pezzi forti come Caccamo, Ray Charles e Celentano».

A proposito, com'è il rapporto con Adriano Celentano? 
«Prima che facesse la serie "Adrian" andai a casa sua e mi disse: «Tu devi fare me». E io gli risposi: «Sono 60 anni che faccio te». E lui: «No, devi essere perfetto, perché io non ci sarò. Tu condurrai come se fossi io, perché dopo c'è il cartone animato, e non posso farmi vedere». Mi era sembrata un po' forzata come cosa, ma accettai. E da lì non l'ho più visto. So che ci ha lavorato per dieci anni, e che l'impegno è stato massimo, ma credo che si fosse imbarcato in una situazione molto difficile come quella di animare dei disegni. Della serie: ofelé fa el to mesté. Penso che Adrian sia l'ultimo progetto della sua carriera, non credo che si ripresenterà, anche perché è un anno che lo chiamo e lui non risponde. Ma sempre "viva Adrian"o, che negli anni ci ha sempre deliziato con le sue canzoni e con le sue mosse». 

Come convivono gli spettacoli con la pandemia? 
«È un dolore, perché le richieste ci sono, ma i teatri si possono riempire solo per metà e il pubblico è distanziato. Ma siamo ripartiti con gli spettacoli, ed è stata un'iniezione di fiducia. L'altra sera mi hanno chiesto tre bis. E alla fine c'è stata un po' di malinconia.
Però quando vedo 60'000 persone allo stadio e i teatri chiusi mi sembra che ci sia un'ingiustizia feroce. Non succede niente tra il pubblico, non saltano o urlano, sono seduti e si divertono.

Penso che ancora per questa stagione si soffrirà. Ma siamo artisti, e dobbiamo anche imparare a soffrire e tirare avanti. Solo che io non posso tirare troppo avanti, tra tre anni avrò 80 anni. Fortunatamente c'è sempre un pubblico che vuole farsi una risata. E far ridere la gente in questo periodo non è facile: bisogna far capire che c'è uno spiraglio per ritornare a vivere come prima. Con qualche risata magari ci si dimentica del periodo che stiamo vivendo. E alla mia età perdere due o tre anni è tanta roba.

E come ha vissuto personalmente la pandemia? 
«Sono stato un anno da solo a Ibiza, nella mia finca di campagna. In casa non prendeva la televisione, né il telefonino. Ho vissuto praticamente quasi un anno in solitudine. Devo dire che i primi tempi è stata dura, poi pian piano ho capito come vivere dandomi da fare, leggendo, lavorando nei campi, tenendomi sempre impegnato. Incontravo solo qualche amico di vecchia data ogni tanto. Alla fine è stata un'esperienza unica, spero. È stata positiva, anche se mi mancava ovviamente la famiglia. E durante la pandemia entrambe le mie figlie hanno perso il lavoro. Ma durante tutto il periodo della pandemia ho sempre fatto quello che potevo, come far sorridere la gente: quando mi fermavano per strada ricambiavo i saluti con una battuta o un sorriso. Di più non si poteva fare. Speriamo di ritornare almeno alla normalità, ed esorto tutti a fare il vaccino».

Che cosa prevede il suo futuro? 
«Parlando di lavoro, il futuro è incerto. Le sei/sette puntate all'anno con Fabio Fazio, con cui ho sempre lavorato, le farò. Magari anche qualche partecipazione a "Domenica In" dalla mia amica Mara Venier. E a novembre dovrebbe esserci un ritorno di tutta la banda di Zelig, al quale ho partecipato anche io per un anno, e Gino e Michele mi hanno chiesto di partecipare. Ho accettato, ma vedremo, in questo periodo non c'è niente di sicuro. Ma sono un po' fuori dal circuito televisivo. Con il gruppo di musicisti e la cantante, che mi accompagnano, siamo insieme da vent'anni e siamo molto uniti: e io punto solo su questo. Se poi mi chiamano in televisione, ci vado». 

Chi vede come suo erede comico? 
«Ci sono tanti ragazzi, ma si assomigliano un po' tutti. Non è più come prima - sto parlando della comicità di Pozzetto, Faletti, Calà - quando si facevano anni e anni di cabaret. Io ho fatto sette anni al Derby di Milano. E come si stava bene... Mi ricordo che tornavo a casa alle tre di notte e cantavo. E quella è stata una palestra: tra i nostri maestri c'era Jannacci, e si imparava giorno per giorno. E poi quando si usciva dal Derby si era facilitati. Oggi magari in una compagnia si prendono i due più simpatici e si dice loro "perché non fate cabaret?". Ma il cabaret, almeno come è considerato in Italia, non è uno o due che fanno ridere, ma un via vai di personaggi: prima un artista, poi un gruppo, poi si ballava, e poi si ricominciava, e venivano anche artisti stranieri famosi». 

E il Milan? 
«Guardando i prezzi non credo che lo vedrò. Anche perché poco tempo fa mi sono avventurato in una situazione nostalgica e sono tornato nei posti in cui andavo con i miei amici. E niente, ho passato quattro ore in piedi a fare foto. Persino dei giapponesi si sono fermati. E quindi per me è difficile andare ai distinti. Poi adesso per vedere le partite in tv bisogna avere Dazn, e la televisione che lo supporta. E non è il mio caso». 

Che rapporto ha con la Svizzera? 
«Sono già venuto a fare diversi spettacoli a Lugano, e mi sono sempre trovato benissimo. Anche al casinò di Lugano e di Campione d'Italia, nel fior fiore degli anni e del divertimento. E poi in Ticino ci vive mia suocera, e ogni tanto con mia moglie veniamo a trovarla». 

 

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