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TESSERETELe Alpi stanno male, parola di Luca Mercalli

09.06.21 - 06:30
Il noto climatologo sarà ospite sabato al Capriasca Outdoor Festival
Imago / Milestone Media
Le Alpi stanno male, parola di Luca Mercalli
Il noto climatologo sarà ospite sabato al Capriasca Outdoor Festival

TESSERETE - Giovedì 10 giugno prende avvio il Capriasca Outdoor Festival. Durante le quattro serate verranno proposti diversi eventi per tutti gli appassionati del mondo dell'avventura e non. Film, documentari e ospiti illustri animeranno il Festival. Per l'occasione abbiamo intervistato Luca Mercalli, noto climatologo e divulgatore italiano, ospite nella serata di sabato 12 giugno. 

Come sta il nostro pianeta? Cosa si può fare?
«Sta piuttosto male! La patologia si chiama Antropocene ed è data dall'utilizzo eccessivo delle risorse e dalla conseguente restituzione di rifiuti da parte di 7,8 miliardi di individui di Homo sapiens, mai così numerosi da quando esistono sul Pianeta. Questo genera cambiamenti climatici rapidi, estinzione delle specie, inquinamento di oceani, atmosfera e suoli. Il collasso ecologico globale potrebbe seriamente compromettere la vita delle giovani generazioni, come mostra un'imponente mole di studi pubblicati sulle più autorevoli riviste scientifiche, i rapporti delle Nazioni Unite e da ultimo l'appello di 126 premi Nobel per le Accademie nazionali delle scienze degli Stati Uniti dove si afferma che "l'umanità sta correndo rischi colossali"».

La sensazione è che gli eventi atmosferici avversi si stiano sempre più intensificando. Corrisponde alla realtà?
«Dipende. Sono aumentate ovunque senza alcun dubbio le ondate di calore estremo, mentre le piogge violente e gli uragani in alcune regioni aumentano, in altre non mostrano ancora modifiche percepibili. Ma via via che la temperatura globale aumenta tutti i fenomeni estremi sono destinati a intensificarsi».

Abbiamo assistito ad una primavera un po' insolita, almeno qui da noi. Piuttosto fredda e piovosa. Cosa ci può dire?
«In Europa centro-occidentale la primavera 2021 è stata la più fresca da circa trent'anni, e abituati come siamo alle recenti primavere sempre più calde ci ha sorpreso. Ma se si utilizzano i confronti con serie di dati ultrasecolari si vede che prima del 1990 era assai frequente che ci fossero primavere fresche. D'altra parte si è trattato di un fenomeno limitato a questa regione d'Europa, poiché al contrario in Russia abbiamo avuto una primavera caldissima, con oltre 30 gradi a Mosca e vari record di caldo fuori stagione fin sul Mar Glaciale Artico. Il riscaldamento globale è appunto "globale" e piccole variazioni fresche temporanee e locali non cambiano la tendenza».

Come stanno le montagne, in particolare le Alpi?
«Molto male. Se nell'ultimo secolo la temperatura planetaria è aumentata mediamente di un grado, sulle Alpi è salita del doppio, e gli effetti si vedono: abbiamo perso il 60 per cento dei ghiacciai!»

Qual è il suo rapporto con la montagna, e con la Svizzera? E con lo sport?
«Da sempre ho lavorato sulla montagna alpina, è il mio territorio di ricerca scientifica. Ma è anche un luogo che mi è molto familiare al punto che ho scelto di abitarci proprio spinto dal riscaldamento globale, in una baita a 1650 metri d'altitudine in alta valle di Susa. La Svizzera per chiunque si occupi di ghiacciai è come un luogo di pellegrinaggio e l'ho visitata molto fin da giovanissimo: quando avevo 16 anni giravo i passi dell'Oberland bernese in motocicletta ammirando quei ghiacciai che oggi ci stanno lasciando. Poi ho frequentato molto i colleghi glaciologi e meteorologi ai convegni: Zurigo, Locarno, Lugano, il Vallese e Ginevra, sede dell'organizzazione meteorologica Mondiale. Non amo lo sport: la montagna la vivo come una scoperta scientifica o come contemplazione di bellezza, mai per competizione.

Sarà presente al Capriasca Outdoor Festival. Ci può anticipare magari qualcosa del suo intervento?
«Farò il punto sugli allarmi ambientali planetari cercando di far comprendere quanto sia importante reagire in tempo. I danni inediti ed enormi che rischiamo saranno presto irreversibili e non potranno essere corretti dalle generazioni future, costrette a subirli per via della nostra indifferenza».

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