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ITALIA«Non si è mai preparati alla morte di un amico»

08.11.20 - 13:00
Red Canzian ricorda Stefano D'Orazio: «Soffriva di piccole infiammazioni e il Covid-19 ha trovato terreno fertile».
KEYSTONE
Red Canzian (a destra) ricorda Stefano D'Orazio.
Red Canzian (a destra) ricorda Stefano D'Orazio.
«Non si è mai preparati alla morte di un amico»
Red Canzian ricorda Stefano D'Orazio: «Soffriva di piccole infiammazioni e il Covid-19 ha trovato terreno fertile».

MILANO - «Non si è mai preparati alla morte di un amico. Stefano aveva la capacità di ridere anche nelle situazioni più difficili». Lo ha dichiarato Red Canzian ricordando Stefano D'Orazio, l'ex batterista dei Pooh morto venerdì sera all'età di 72 anni. «Io Roby e Dodi stiamo piangendo come ragazzini. Per noi è un pezzo di vita che se ne va. E poi non poterlo vedere, non sapere cosa fare. Un male terribile e bastardo che ti nega anche l’ultimo saluto».

Intervistato da Mario Luzzatto Fegiz sul Corriere della Sera, il musicista afferma: «C’è solo una cosa più crudele della morte: morire in terapia intensiva. Sei nudo con un solo lenzuolo e un freddo terribile. Hai sete e non ti danno da bere. Poi il tempo non passa mai. Credi di aver dormito delle ore e invece sono passati solo 5 minuti. L’ho provata quando qualche anno fa mi hanno operato al cuore. Al risveglio, oltre a mia moglie e ai miei figli, ho visto al mio fianco Stefano che mi sorrideva dietro la mascherina. La sua sola presenza mi ha rassicurato. Io non ho potuto ricambiare la cortesia».

Spiega Canzian: «Soffriva di piccole infiammazioni e lo curavano col cortisone. E il Covid-19 ha trovato terreno fertile... infatti è sopraggiunta una polmonite, febbre alta, dialisi per insufficienza renale. Alle 22 di venerdì la notizia: Stefano era morto dopo una settimana di alti e bassi. Da 36 ore non facciamo altro che piangere».

Per i Pooh D'Orazio «è stato un riferimento costante. Aveva un pensiero forte, che volava alto, proiettato verso il futuro, una capacità di analisi e sintesi invidiabile. Per lui il lavoro era un gioco. Lui sapeva sempre cogliere il lato comico delle situazioni. L’ironia era una sua caratteristica. Una bella persona, un grande professionista». Nella vita privata «era una persona precisa, trasparente, sensibile. Il contrario dello stereotipo sui romani, era preciso, puntuale. La macchina organizzativa dei Pooh era opera sua. Non c’era limite alla sua creatività: i palchi enormi, i fumi, i laser, i Tir carichi di apparecchiature. Era un piacere lavorare con lui. Il suo motto era “divertirsi” costi quel che costi. A volte gli allestimenti costavano più di quel che i concerti incassavano. Ma in questo luna park i Pooh si scatenavano e generavano entusiasmo».

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