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«“Love me tender” è un film che ti apre il cuore»

CANTONE«“Love me tender” è un film che ti apre il cuore»

29.01.20 - 06:01
Parola della regista Klaudia Reynicke che, dal Ticino, lo ha portato in tutto il mondo: «In sala c'è chi ride, chi piange e chi... tutti e due»
Amka/Tipress
"Love me Tender" è una co-produzione Amka e RSI.
"Love me Tender" è una co-produzione Amka e RSI.
«“Love me tender” è un film che ti apre il cuore»
Parola della regista Klaudia Reynicke che, dal Ticino, lo ha portato in tutto il mondo: «In sala c'è chi ride, chi piange e chi... tutti e due»

LUGANO. Ha stupito Locarno e poi è partito in giro per i festival del cinema di tutto il mondo, è “Love me tender” della regista di origini peruviane (e ticinese d’adozione) Klaudia Reynicke che racconta la surreale storia di Seconda, affetta da agorafobia, e la lotta tutta sua per riconquistarsi una vita. 

Il film è stato prodotto dalla compianta Tiziana Soudani, con la sua Amka Films, deceduta domenica notte dopo una lunga malattia. È un lavoro a cui lei teneva particolarmente, un po’ dramma psicologico, un po’ commedia, un po’ farsa teatrale. «Ognuno reagisce a modo suo al film, c’è chi ride, chi si commuove e pure tutti e due assieme», ci racconta la regista.

Partiamo dall’idea alla base del film, come ti è venuta?
Diciamo che unisce due desideri che ho sempre avuto. Quella di raccontare la storia di un antieroe e quella di mettere in scena una lotta interna ma che non fosse troppo oscura e “sotterranea”. Seconda, con la sua tutina blu, a suo modo è una supereroina tribolata che lotta per ottenere qualcosa, vivere la vita in un modo diverso, il suo. Alla fine quello che è uscito è “Love me tender” che senza dubbio non è un film di quelli classici, ma va bene così. Per me il cinema dev’essere così: deve osare, proporre qualcosa di diverso.

Parlando di Seconda, com’è stato lavorare con Barbara Giordano?
È stata fondamentale, ha portato tanta luce nel personaggio. Ci ha messo un coté infantile che lo rende molto più comico da quanto originariamente poteva trasparire dal copione. Ed è una cosa che ha contribuito in maniera fondamentale a far diventare il film quello che è diventato.

Nel film il disturbo di Seconda non è chiaro, si sa che ha paura di uscire ma non si capisce bene di cosa soffra. Si usa il termine generico di “agorafobia”, è voluto?
Sì, la mia intenzione non era quello di parlare delle patologie mentali quanto piuttosto di una lotta interiore anche metaforica. Per questo nel film non c’è nessun tipo di indagine medica o una diagnosi accurata, semplicemente non è importante per il discorso che volevo fare. Volevo raccontare come un individuo trova la forza di reagire malgrado una situazione difficile, mostrare questo percorso con un filo di speranza, ironia e poesia.


Il film è ambientato in Ticino… Com’è stato cercare le location per girare?
Io sono prima peruviana e poi anche romanda, sono venuta in Ticino 9 anni fa per amore, mi sono innamorata di un uomo ma anche di questo Cantone. È un luogo con caratteristiche spettacolari ed è strepitoso per la creatività e trovare ispirazione. È un posto diverso: non sembra né Italia né Svizzera interna… Ci sono i laghi, le montagne piramidali, le Alpi e… le palme! Paesaggisticamente è schizofrenico, ma in senso buono (ride).

Chi è del Mendrisiotto, diciamo, si sentirà a casa...
Sì, eccome! Ci sono diversi posti riconoscibili: Coldrerio, Arzo e soprattutto Chiasso. Mi sono innamorata di Chiasso è una città che è pura poesia. Si sente quello spirito ambizioso che aveva: di voler diventare una città grande, industriale e potente.Un potenziale che non si è poi realizzato appieno. È un posto pieno di racconti e speranze e di luce. Il ponte che scavalca la ferrovia (quello di Via Interlenghi, ndr.) è un po’ il suo emblema: era come in passato pensavano sarebbe stato il futuro, insomma un distillato di nostalgia.

Com’è stato portare “Love me tender” in giro per il mondo?
È stato bello soprattutto vedere le diverse reazioni in sala a dipendenza di dove ci trovavamo. Se al Pardo la gente ha cominciato subito a sghignazzare al Toronto Film Festival il pubblico ha reagito in maniera un po’ più tormentata. Diciamo che lo hanno preso più per un film drammatico. Completamente diversa la reazione a Londra (al British Film Institute, ndr.), lì la gente lo ha inquadrato subito come un film comico in stile “Mr. Bean”, sarà il british humour… Una cosa è sicura per tutti, però: il film li fa parlare e risuona in maniera particolare con ognuno in un modo che ancora non mi so spiegare. È un film che apre i cuori.

Per chiudere una domanda un po’ frivola, mi dici qualcosa di più sulla mitica tutina celeste?
È stata fatta e mano, e ne sono state realizzate parecchie! Ci ha pensato la costumista Laura Pennisi, lei e il suo team ne hanno cucite 30-40 in diverse taglie. Hanno fatto un lavoro eccezionale. Pensa che era diventata talmente proverbiale che anche nella crew c'è chi ha chiesto di poterne portare a casa una (ride).

L'anteprima svizzera di "Love me Tender" si terrà questa sera al Lux di Massagno, ore 20.00.

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