Cerca e trova immobili

LOCARNOGiuseppe Giacobazzi si racconta: «La televisione? Preferisco il teatro»

08.01.20 - 06:01
Sabato sera il comico sarà a Locarno con il suo spettacolo. Nell'intervista si racconta, tra maschere e pigrizia
Giuseppe Giacobazzi
Giuseppe Giacobazzi si racconta: «La televisione? Preferisco il teatro»
Sabato sera il comico sarà a Locarno con il suo spettacolo. Nell'intervista si racconta, tra maschere e pigrizia

LOCARNO - Giuseppe Giacobazzi, nome d’arte di Andrea Sasdelli, sabato 11 gennaio porterà a Locarno lo spettacolo “Noi - Mille volti e una bugia”. Per l’occasione l’abbiamo intervistato. 

Che spettacolo vedremo a Locarno? 
«È uno spettacolo che riguarda tutti noi, che portiamo maschere tutti i giorni per rapportarci con gli altri. Parlerò della mia maschera per eccellenza che è quella di Giuseppe Giacobazzi». 

Nello spettacolo ci sarà spazio anche per alcune “riflessioni sociali”. Come mai questa scelta coraggiosa? 
«In realtà è l’età, quando si diventa vecchi si tende sempre a dire qualcosa di questo tipo (ride). È una virata che ho inserito negli ultimi tre spettacoli teatrali, perché si sente il bisogno di condividere anche qualche emozione con il pubblico, al di là della semplice risata. In questo modo credo che sia uno spettacolo più completo, e che mi rappresenti molto di più». 

Nello spettacolo parla anche delle maschere che indossiamo nella società. 
«Le indossiamo sempre, sul luogo di lavoro, a scuola. Anche i personaggi famosi: pensiamo ad esempio a lavori che hanno assunto un’importanza fondamentale nelle nostre vite, come quelle dei cuochi (ride), portati alla ribalta dalla tv. Diventano poi dei personaggi e come tali devono indossare una maschera per mantenere vivo il personaggio». 

Tornando alle origini, come è nato il personaggio di Giuseppe Giacobazzi?  
«Lo spiegherò anche nello spettacolo. È nato in radio, per caso. Ho poi cercato di costruirmi una maschera prendendo spunto da ciò che vedevo, dalle persone che frequentavo, e casualmente un incontro fortuito in un bar mi diede modo di dare vita al personaggio, con il suo abbigliamento e la parlata particolare. Per quanto riguarda il nome ho preso uno tra i più comuni, Giuseppe. Mentre per il cognome, ho tratto ispirazione dal mondo dei motori, una mia grande passione. Dopo Clay Regazzoni uno dei miei idoli fu Gilles Villeneuve, e sulla sua tuta c’era la scritta “Giacobazzi”. E con Giuseppe suonava bene». 

La si vede spesso in teatro, tv, cinema, in libreria,... ha fatto di tutto.
«È tutto collegato. Devo dire però che la televisione è quella che mi piace di meno. Ho fatto Zelig perché è quanto di più vicino al teatro ci potesse essere, e poi è una vetrina incredibile con una qualità altissima. Poi ho scoperto il teatro, al quale mi dedico anima e corpo da 11 anni, perché è il luogo che mi rappresenta di più: ho i miei tempi. Non sono un comico puro, sono più un raccontatore, e quindi mi dilungo, ho bisogno dei miei tempi, che la televisione non ti permette. Già con Zelig fu un miracolo avere a disposizione 7-8 minuti, che in prima serata di Canale 5 era una follia assoluta. Per quel che riguarda la scrittura, ho sempre scritto, quindi è stata una cosa spontanea trasformare i miei scritti in un libro. Invece per il cinema ho avuto 5-6 occasioni per poter fare “l’attore”, e mi sono davvero divertito. Il cinema e la radio sono le due cose che amo di più, dopo il teatro». 

Ho saputo che è una persona pigra, da quel che mi hai detto non si direbbe… 
«Sì sono decisamente una persona pigra, lo ammetto. Lo sport che mi rappresenta di più è il motociclismo, perché non devo né pedalare, né fare altri sforzi. È l’unico sport che faccio, oltre ad essere campione mondiale di divano». 

Che fine hanno fatto sandali e occhiali? 
«Sono andati in pensione tre il 2008 e il 2009. Progressivamente ho spogliato la caratterizzazione del personaggio, nato come una macchietta. Mi ricordo Giobbe Covatta che una volta mi disse “che senso ha vestirsi come un cretino quando fai ridere lo stesso anche se sei vestito normale”. “Fai presto tu a dirlo…” gli dissi io. E Giobbe mi disse che per lui era stata la stessa cosa, quando aveva indossato il saio. Una volta si era dimenticato il vestito e si era reso conto che la gente rideva lo stesso. Mi consigliò allora di fare la stessa cosa. E così lentamente seguii il suo consiglio. Ora addirittura vado sul palco vestito in maniera piuttosto normale, camicia nera e un paio di jeans. Però nello spettacolo ci sarà un richiamo al Giacobazzi vecchio». 

Non è la prima volta che si esibisce in Svizzera. Ha avuto modo di conoscerla un po’?
«Ho conosciuto Lugano perché ho fatto numerosi spettacoli in questi dieci anni, così come Zurigo. Ho conosciuto anche la parte francese, quando sono stato a Saint’Ursanne da amici che lavoravano nella regione. Mi piace molto la Svizzera, è un altro pianeta rispetto all’Italia, soprattutto a livello organizzativo e di ordine. Non posso non farvi i complimenti per questo, anche se avete le piste più care del mondo (ride)».

Per info e biglietti, clicca qui

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE