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CANTONEAge Of The Sun, viaggio nella percezione umana

05.08.19 - 06:01
Pubblicato a inizio luglio - nei maggiori digital store e nelle piattaforme streaming - “Compass Of Human Heart”, il primo album dei ticinesi Age Of The Sun
Age Of The Sun, viaggio nella percezione umana
Pubblicato a inizio luglio - nei maggiori digital store e nelle piattaforme streaming - “Compass Of Human Heart”, il primo album dei ticinesi Age Of The Sun

MENDRISIO - Sulle scene dal 2014, la band - di indirizzo melodic death metal e attualmente condivisa da Mitch (voce), Chris (chitarra), Robin (chitarra) e Fox (batteria) -, dopo la realizzazione di due singoli e altrettanti videoclip, quattro settimane fa ha dato alla luce il primo disco - suddiviso in dieci tracce di ottima fattura, compatte e difficilmente scalfibili -. Ne abbiamo parlato con il vocalist.

Mitch, da quanto mi sembra di capire avete sezionato il cuore, il cuore dell’essere umano… Vuoi entrare nello specifico?

«Più che una sezione, la definirei un surrogato o una condensazione di tutte quelle riverberazioni interiori scaturite dalla percezione umana. Sono quei riflessi che portano le persone a fare delle scelte, siano esse positive o negative. Ho sempre percepito una sorta di influenza o percorso che, un po’ come una bussola, guida le persone verso ciò che devono vivere e sperimentare».

Che vuoi dirmi dei testi, in termini generali?

«A volte nascono contemporaneamente alla musica, mentre in altri casi sono dei suoni sviluppati in simbiosi con essa, che necessitano di tempo per codificarsi in un linguaggio. Un po’ come la musica stessa che, quando viene alla luce, talvolta è chiara, scolpita e definita, mentre altre volte è più simile a una nuvola, a un colore, a un’impressione».

Una traccia si intitola “What We Are”: vuoi analizzarla?

«Al suo interno si  ritrova la dualità tipica della condizione umana nella sua sfera primordiale. Allo stesso modo le sonorità del brano si contrappongono l’una all’altra. Nonostante ciò evito la separazione dicotomica e assoluta delle due componenti. Crediamo infatti che la transizione organica tra le due sia una delle nostre peculiarità in grado di dare sensazioni forti sia in live che in studio. Non è facile lavorare con queste due componenti, soprattutto dal punto di vista tecnico. Siamo però convinti che raggiungendo un buon equilibrio si possa dare molto agli ascoltatori: la musica diventa dinamica, ricca e divertente».

C’è un’idea di “concept”, alla base del progetto discografico?

«Credo che al di là di ogni concetto retorico alla base di un disco l’elemento fondamentale per una buona trasmissione di informazioni sia l’equilibrio tra tensione e risoluzione, sia nell’armonia sia nella successione dei brani. Per tornare alla retorica posso dire che metaforicamente il movimento oscillante della bussola, in cerca del proprio allineamento, sia l’immagine più adatta a veicolare questo messaggio».

E a dal punto di vista delle strutture musicali, i brani come hanno preso forma? In sala prove? Si tratta di un lavoro collettivo?

«I brani spesso prendono la prima forma “en plein air”, di fronte a un paesaggio, a uno scenario naturale, che innesca in me la creatività. Mi occupo poi della traduzione di queste impressioni nei brani componendoli e producendoli nella loro interezza. Con l’importante supporto dei singoli musicisti che mi aiutano a trovare la giusta applicazione pratica delle idee».

Chi sono i vostri punti di riferimento? 

«I riferimenti principali sono realtà piuttosto distanti dal nostro genere. Ad esempio Nightwish, Keep of Kalessin, Ihsahn, Amorphis, Ulver, Jordie Savall e Igorrr. Crediamo che la musica sia universale e, nonostante i differenti generi, sia tutta accomunata da un’unica radice artistica».

Quando è in programma il prossimo live in Ticino?

«Il 30 novembre al Bar Enigma di Rancate, nell’ambito del Roncaglia Rock Festival. Non escludiamo, in ogni caso, qualche data nei mesi precedenti».

 

 

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