Cerca e trova immobili

CANTONENevercrew, quando l'arte ticinese spicca il volo

14.05.19 - 06:01
Gli street artist ticinesi Christian Rebecchi e Pablo Togni da oltre due decenni condividono il duo Nevercrew. Le loro opere murali, così come sculture e tele, decorano numerosi angoli del pianeta
Foto Simone Cavadini
Pablo Togni (sulla scala) e Christian Rebecchi l’anno scorso a Parigi.
Pablo Togni (sulla scala) e Christian Rebecchi l’anno scorso a Parigi.
Nevercrew, quando l'arte ticinese spicca il volo
Gli street artist ticinesi Christian Rebecchi e Pablo Togni da oltre due decenni condividono il duo Nevercrew. Le loro opere murali, così come sculture e tele, decorano numerosi angoli del pianeta

LUGANO - Da Phoenix a Parigi, da Gisborne (Nuova Zelanda) a Nuova Delhi, passando da Satka, in Russia. Sono richiestissimi in tutto il mondo e loro, senza battute d'arresto, pitture e vernici spray alla mano, danno alla luce autentici capolavori. Ne abbiamo parlato con Christian.

Spiegami come prende forma normalmente un vostro progetto...

«Parlando di interventi murali, il primo elemento con cui ci confrontiamo è il muro, o meglio, lo spazio e il contesto di cui è parte. Da qui iniziamo a ragionare su ciò che ci interessa comunicare e su ciò che crediamo possa essere il modo più efficace per farlo. Nella fase progettuale lavoriamo su diverse componenti legate ai contenuti, all’immagine e all’interazione con le forme esistenti, con il luogo e con le persone, combinando riflessioni mirate a stimoli che nascono istintivamente durante il percorso. Una volta trovato l’equilibrio e l’immagine che ci servono passiamo a organizzare la parte più pratica, pianificando tempistiche e materiali e coordinandoci con gli organizzatori sul posto. La fase di realizzazione dura poi generalmente tra i 4 e i 6 giorni, meteo permettendo». 

Foto Henrik HavenA Manchester nel 2016.

Quali i più particolari che hanno richiesto un approccio differente?

«Tra i più recenti ci vengono in mente il lavoro realizzato a Phoenix (USA), composto da tre diversi interventi sui muri dello storico Heard Building - il primo grattacielo eretto a Phoenix, presente nella sequenza iniziale di “Psycho” di Alfred Hitchcock ancora dotato dell’antenna radio che lo sovrastava - e il dipinto realizzato a Parigi per Le Mur, storica istituzione della street art parigina, per il quale, da loro tradizione, abbiamo avuto un giorno di tempo. Altri interventi particolari degli ultimi anni sono stati quello per il Teatro Colosseo di Torino, in cui abbiamo lavorato anche con le luci al neon, o quelli di Nuova Delhi e Satka, dove in entrambe le occasioni abbiamo realizzato due opere in comunicazione tra loro poste in due punti diversi della città. In India abbiamo avuto modo di collaborare con artigiani locali per realizzare una componente scultorea da inserire nell’intervento murale, lottando contro il tempo e contro le tempistiche dettate dal traffico locale. Per il lavoro in Russia ci siamo trovati catapultati in un Paese surreale - a cinque ore di macchina dall’aeroporto più vicino e situato sul ciglio di una cava di 1,5 km di diametro e 700 m di profondità - dove ogni giorno la meteo ci sorprendeva con temperature tra i 20° e gli 0° gradi, con relativi effetti sulla resa e sulle tempistiche delle pitture».

Foto Nevercrew"El oso plateado and the machine" (Phoenix, 2018).

Quante le opere realizzate in 23 anni di attività?

«Abbiamo iniziato a tenere davvero il conto solamente negli ultimi sette-otto anni, ma, azzardando una stima, un centinaio di opere murali. Abbiamo poi sempre lavorato tanto anche su sculture, tele e altri formati, ma non riusciamo a quantificarli».

Foto Nevercrew"Baring Machine" (Satka, 2017).

 

Dove e quando la più "lontana"?

«Attualmente l’opera più "lontana" si trova a Gisborne, in Nuova Zelanda, una delle città abitate più ad est prima di arrivare alla linea internazionale del cambio di data. Il lavoro è stato eseguito lo scorso mese di ottobre per conto della PangeaSeed Foundation, che si occupa della salvaguardia degli oceani».

Vi è già capitato di rifiutare la commissione di un'opera?

«Ogni tanto capita e le motivazioni possono essere diverse. A volte si tratta solo di problemi pratici, come la mancanza di tempo o l’impossibilità di trovare un momento che funzioni sia per noi, sia per il committente. In altre occasioni può capitare invece che la proposta non combaci o sia in contrasto con il nostro percorso o con le nostre idee e, pertanto, non la possiamo accettare».

Foto Alexander KrziwanieA Mannheim nel 2017.

Quasi un quarto di secolo di lavoro comune, tra tanto impegno e passione: amici, colleghi o fratelli?

«Effettivamente, dopo tutto questo tempo tutte e tre le cose insieme».

Immagino vi capiti anche di litigare...

«Dopo tanti anni non serve arrivare a litigare per comunicare tra di noi su opinioni discordanti. Parliamo sempre tanto di quello che facciamo e di quello che faremo, dei progetti in corso, di idee e di tutto quanto. Di conseguenza, c’è spazio per dire praticamente tutto».

Dove e quando la prossima opera?

«Si tratta di un'opera murale e sarà realizzata a inizio giugno a Giessen, in Germania, per il festival artistico River Tales».

E a lavorare in Ticino, quando tornerete?

«Abbiamo alcuni progetti. Progetti che realizzeremo entro l’autunno...».

 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE