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CANTONE«La normalità non so cosa sia, amo cambiare»

21.03.19 - 06:01
Per la prima volta in dimensione live in territorio elvetico, Irama salirà sul palco del Palacongressi di Lugano il 2 e il 3 aprile alle 20.30
«La normalità non so cosa sia, amo cambiare»
Per la prima volta in dimensione live in territorio elvetico, Irama salirà sul palco del Palacongressi di Lugano il 2 e il 3 aprile alle 20.30

LUGANO - Due concerti attesissimi, entrambi vicini al sold out. Questa è la forza del giovane cantautore italiano Filippo Maria Fanti, in arte Irama, classe 1995. Dalle Nuove Proposte di Sanremo ad Amici di Maria De Filippi, per poi riapprodare quest’anno - da Big - sul palco dell’Ariston.

Ed è proprio dal brano che ha portato poco più di un mese fa alla kermesse - piazzandosi al settimo posto - che parte la nostra chiacchierata.

Filippo, raccontami la nascita del pezzo presentato a Sanremo: “La ragazza con il cuore di latta”.

«Ero in Salento e stavo scrivendo il disco, “Giovani” (Warner, ottobre 2018), quando ho incontrato questa ragazza con un’aria struggente. Porta un pacemaker - uno stimolatore cardiaco -: è da qui che è nata la metafora del cuore di latta, così come il dualismo di un cuore che da una parte batte in maniera artificiale e dall’altra in cui difficoltà e violenze lo strappano da una vita. Purtroppo, però, questa non è la storia di una sola persona: la canzone si riflette in tante situazioni. Per cui, se qualcuno si riconosce, nelle parole potrebbe trovare la forza, la forza di reagire».

Questa ragazza sa che dalla sua storia è nato il tuo brano?

«Non credo sia un aspetto importante: ciò che conta è raccontare una verità, lasciando qualcosa alle persone che ascoltano».

L’album è uscito lo scorso mese di ottobre: questo brano, per cui, lo hai tenuto da parte in vista di un’ipotetica partecipazione a Sanremo?

«In verità no, proprio perché il business non è il mio forte...».

Allora, qual è il motivo? Calzava a pennello nella tracklist, tant’è vero che lo troviamo nella riedizione del disco, “Giovani per sempre” (Warner, 8 febbraio 2019), uscita nei giorni del Festival... 

«Non è l’unico che ho tenuto da parte: devi sentirti pronto per cantare e interpretare alcuni brani. Conta molto il tuo stato emotivo. Credo molto in questo aspetto».

Tornando al titolo di questo tuo secondo album, “Giovani”: tu come stai vivendo la tua giovinezza?

«Vivo al limite, con l’obiettivo di raccogliere più storie ed emozioni possibili. Non so cosa sia la normalità, non la riconosco: amo cambiare, crescere, imparare, sbagliare. Essere giovane significa non smettere mai di imparare».

Da quanto mi sembra di capire, il successo non ha cambiato molto la tua vita…

«Rispetto a prima, ho qualche vestito in più…».

Ne compri a tonnellate?

«La cosa bella è che me li mandano… (ride) Amo la moda, così come collaborare con i brand…».

Numerosi cantanti e musicisti hanno addirittura anticipato le mode… È tra i tuoi obiettivi?

«Non saprei… So solo che la moda mi piace, perché, come l’arte in generale, è in continua metamorfosi».

Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali?

«Francesco Guccini e Fabrizio De André».

Durante il processo di lavorazione di “Giovani”, ti sei imbattuto in quali ascolti che possono avere influenzato l’album?

«Mi cibo regolarmente di ogni tipo di musica: è talmente ricca e varia, che bisogna soltanto assorbirla, lasciandosi trasportare».

Veniamo al tuo rapporto con il Ticino: sei cresciuto a Monza, a pochi chilometri dal confine. Passavi spesso da queste parti?

«Sì, da piccolo, al Fox Town… (ride)».

La scena musicale ticinese si sta espandendo a largo raggio: segui qualcuno in particolare?

«Mattak, un rapper: è davvero molto forte!».

 

 

 

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