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CANTONEMax Deste, uno sguardo su una società troppo “connessa”

18.12.18 - 06:01
In tutti gli store digitali troviamo da qualche giorno “Ok Silenzio”, il nuovo concept album di Max Deste, che da venerdì sarà in vendita anche in cd
Max Deste, uno sguardo su una società troppo “connessa”
In tutti gli store digitali troviamo da qualche giorno “Ok Silenzio”, il nuovo concept album di Max Deste, che da venerdì sarà in vendita anche in cd

GIUBIASCO – Anticipato da quattro singoli pubblicati nel corso dell’anno – “Danzare tra le nuvole”, “Ancora estate”, “Dove finisce il giorno” e “Disconnessa” –, il nuovo disco di Massimiliano De Stefanis, alias Max Deste (voce, chitarra, basso), dopo mesi di intenso e accurato lavoro, ha preso forma e porta alla luce, complessivamente, dieci gemme sonore di rara bellezza.

Electro pop d’autore, in grado di raggiungere – anche a livello testuale – le sommità conquistate da Franco Battiato. D’altra parte, le esperienze maturate nel corso degli anni hanno costruito in Max un immenso bagaglio culturale. Un bagaglio forgiato indubbiamente da suoni e sonorità, sperimentazioni, ma anche da attente letture e intensi momenti di meditazione capaci di portarlo a osservare il mondo, la società di questo nuovo Millennio, da un’altra prospettiva.

Max, “Ok Silenzio” risuona quanto un monito alla società di oggi. Una società in cui non ti riconosci…

«Partirei dal titolo, che riprende quello di “Ok Computer” dei Radiohead, ossia una delle mie band preferite. All’epoca (1997) i computer, connessi da poco a internet, stavano diventando degli elettrodomestici ad uso e consumo di tutti. In solo due decenni possiamo certamente affermare che essi hanno radicalmente stravolto il nostro modo di vivere. Mi sembrava azzeccato, rilanciare umilmente la questione del ruolo dell’intelligenza artificiale nella vita dell’uomo, sostituendo la parola “computer” con “silenzio”, che evoca in modo programmatico situazioni che riconducono di nuovo alla sfera umana. Nello specifico, credo che in questo momento storico caratterizzato dalla frenesia, dal consumismo e dalla distrazione - che condizionano i rapporti tra le persone e creano gravi problemi ambientali – ogni tanto ci sia bisogno di fermarsi e riprendere contatto con sé stessi, ossia con il proprio corpo e la propria mente. Concretamente, dovremmo tutti imparare ad accontentarci, rivalutando le piccole cose, riscoprendo i rapporti con le persone su un piano più corporeo, e non trascorrere il nostro tempo sempre connessi. E perché no, seduti su un cuscino, praticare la meditazione qualche minuto al giorno, o anche semplicemente camminare immersi nella natura. Detto questo, è importante per me sottolineare che non condanno la tecnologia. Credo però che serva un’attenta riflessione sul nostro utilizzo, e in particolare sull’uso che ne fanno le nuove generazioni. In questo senso, come docente di scuola media, da quattro anni tengo il corso “Media Skuola”, in cui viene proposto ai ragazzi di usare i vari dispositivi elettronici e i social in modo educativo e costruttivo».

Il disco è dedicato al filosofo e maestro di meditazione tibetano Chögyam Trungpa: vuoi approfondire?

«Da un po’ di tempo sono diventato direttore del Centro di meditazione Shambhala Ticino con sede a Giubiasco e responsabile dei corsi che offriamo a tutti, grazie al nostro eccezionale maestro, Daniele Bollini, al quale avevo dedicato il mio ultimo romanzo “Segui il tuo respiro”. Chögyam Trungpa, oltre a essere il fondatore del lignaggio di cui faccio parte e aver adattato i preziosi insegnamenti buddhisti alla mentalità occidentale, con la sua vita è stato per me un esempio. Durante l’invasione cinese in Tibet, in cui è morto circa un milione di persone, lui insieme ad altri tibetani, è riuscito a fuggire attraversando le cime dell’Himalaya in condizioni disperate. E nonostante tutto, non hai mai portato rancore, ma, al contrario, ha sempre incitato all’amore per il prossimo, considerando l’uomo fondamentalmente buono».

Dopo l’album “Borderline” del 2008 (con i Bruit de Fond) e l’ep “Il tuo cigno è morto” del 2013, con “Ok Silenzio” hai dato alle stampe il tuo terzo concept: perché di nuovo questa scelta?

«Forse perché sono portato a raccontare storie. Mi piace infatti anche scrivere romanzi e pièce teatrali, che presentano dunque delle strutture più complesse. Tuttavia, rispetto alle opere precedenti, questo lavoro è più personale. Non parlo in terza persona, ma in prima. Cioè prendo in esame la realtà per come essa mi si presenta per qualche attimo quando sono pienamente presente e consapevole. E in questi stati, purtroppo sempre troppo brevi, racconto il mio viaggio nella quotidianità».

Più difficile, presumo, lavorare in termini di “concept”...

«Non so se sia più difficile, di certo prende molto tempo. Ci sono voluti infatti nove mesi per registrare le dieci canzoni. Tra un brano e l’altro ho cercato di curare ogni minimo dettaglio per legare il tutto. Per questo motivo devo ringraziare HRS (Heaven Recording Studio) di Lugano, che ha prodotto il disco, per la grande pazienza».

A livello musicale, dalle strutture trasuda prevalentemente un ottimo electro pop che (ri)porta l’ascoltatore ai migliori progetti legati al genere venuti alla luce negli anni Ottanta: quali le maggiori influenze confluite all’interno del disco? Quali i tuoi ascolti in corso d’opera?

«Tante influenze, tanti ascolti e tanti generi musicali, ma anche tante letture, dai saggi di storia contemporanea a quelli buddhisti. Certamente la componente elettronica era fondamentale per creare lo sfondo tecnologico, meccanico e quindi impersonale, che a volte caratterizza il presente. Non mancano comunque le chitarre acustiche, con lo scopo di coltivare una dimensione più naturale e più consona a quella umana. Da un punto di vista sonoro direi che l’album si presenta piuttosto ricco, ma credo in modo coerente e profilato. Questo è anche merito di chi mi ha aiutato ad arrangiare i brani, vale a dire due ottimi musicisti come Roberto Colombo e Rick Di Filippo».

Stai pianificando una presentazione del disco in dimensione live?

«Non vedo l’ora… L’intenzione è quella di presentare l’album nel corso del 2019. La band che mi seguirà è ormai pronta. Alla batteria ci sarà Roberto Panzeri e alla chitarra Fabrizio Brioschi. Per l’occasione, stiamo preparando anche alcune riletture di canzoni italiane di successo legate tematicamente al disco, così come una serie di nuovi brani che completeranno la mia prossima produzione…». 

 

 

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