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CANTONEThe Violinists, due virtuosi tra classica e pop

19.10.18 - 06:01
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Anton, che con il fratello Vladimir condivide il duo The Violinists
The Violinists, due virtuosi tra classica e pop
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Anton, che con il fratello Vladimir condivide il duo The Violinists

ASCONA – Di origini slovacche, con i loro altri tre fratelli rappresentano la quarta generazione di violinisti professionisti della famiglia Jablokov.

I loro percorsi individuali, inizialmente, li portano su strade diverse, ma nel 2013 Vladimir e Anton decidono di unire le forze, dando vita a un progetto strumentale capace di proiettare all’interno di un’ambientazione puramente classica altri generi e stili musicali.

Quello stesso anno Anton – dopo gli studi a Lucerna e ad Essen - sceglie di trasferirsi in Ticino con un obiettivo ben preciso: seguire i corsi del Maestro Sergej Krylov al Conservatorio della Svizzera italiana dove, nel 2017, porta a termine il Master in Specialized Music Performance, suonando da solista con l’Osi. Ora vive a Bellinzona. Anche la “base operativa” di Vladimir non è più la Slovacchia, poiché la sua musica, il suo violino, l’hanno spinto a trasferirsi in Irlanda.

Il 9 novembre alle 20.30 avremo modo di vedere i fratelli Jablokov esibirsi al Collegio Papio di Ascona: una performance durante la quale – accompagnati da Adam Kuruc (pianoforte) e Peter Vizvari (contrabbasso) – presenteranno il loro nuovo album, il terzo, dal titolo “The Violinists Solo”, in uscita venerdì 26 ottobre.

Anton, il disco raccoglierà, tra le altre, rielaborazioni di brani come “Viva la Vida” dei Coldplay, “Wake Me Up” di Avicii (& Aloe Blacc), così come “Que sera sera” – cantato originariamente da Doris Day e riproposto nel corso degli anni da decine di artisti - e “Bella ciao”… Quale, esattamente, in sintesi, il vostro approccio sull’intero lavoro?

«Partendo dal tema delle composizioni, su ognuno di essi abbiamo elaborato delle variazioni, senza mai accantonare l’aspetto virtuosistico legato alle nostre performance…».

Perché la scelta di abbinare il classico a generi musicali, diciamo così, più leggeri?

«Credo che attraverso questa formula si possa raggiungere un pubblico più vasto…».

Per quale motivo avete puntato sulle hit dei Coldplay e di Avicii e non su qualcosa di più “storico”, legato comunque al pop-rock?

«Il nostro produttore ci aveva suggerito di lavorare su brani recenti, anche in vista di un tour in territorio americano. Noi, inizialmente, avevamo optato per “We Will Rock You” dei Queen, ma secondo lui, proprio per scuotere maggiormente il pubblico, serviva qualcosa di più attuale, di più vicino agli ascolti del nostro tempo…».

All’interno del disco troviamo anche un brano originale, “Lilla”: che vuoi dirmi al riguardo?

«Si tratta di una composizione, un valzer, in grado di rappresentare le nostre origini, la nostra formazione classica…».

Non è facile abbinare il classico ad altri stili musicali senza (s)cadere nel banale… Qual è il trucco?

«È necessario trovare un buon equilibrio tra le parti…».

In passato esperimenti simili non hanno funzionato tanto bene…

«Preferirei non fare nomi, ma sono d’accordo con te… (ride)».

Qualcuno però va lodato…

«Certo… E direi sicuramente David Garrett, tanto quanto gli Apocalyptica…».

 

 

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