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CANTONERabaglia: «Ho scoperto un nemico lavorando al film»

08.08.18 - 06:01
Presentato ieri a Locarno “Un nemico che ti vuole bene”, il quinto lungometraggio del regista italo-svizzero Denis Rabaglia, il cui cast conta Diego Abatantuono, Antonio Folletto e Sandra Milo
Rabaglia: «Ho scoperto un nemico lavorando al film»
Presentato ieri a Locarno “Un nemico che ti vuole bene”, il quinto lungometraggio del regista italo-svizzero Denis Rabaglia, il cui cast conta Diego Abatantuono, Antonio Folletto e Sandra Milo

LOCARNO - Una black comedy tutta da vedere - in uscita nelle sale italiane e ticinesi il 4 ottobre -, capace di tenere lo spettatore incollato alla poltrona dall’inizio alla fine della pellicola. Con un Abatantuono in ottima forma, peraltro, così come Folletto e il resto del cast (Sandra Milo, Massimo Ghini, Roberto Ciufoli…), del resto.

Diego Abatantuono veste i panni di Enzo Stefanelli, un professore di astronomia: in una notte di pioggia salva la vita a un giovane killer, Salvatore (Antonio Folletto), ferito da un’arma da fuoco. Quest’ultimo per sdebitarsi promette a Stefanelli di individuare e uccidere un suo nemico. Lui, però, non crede di averne. Ma Salvatore insiste, creando scompiglio nell’esistenza del professore.

Ieri a Locarno abbiamo incontrato il regista e l’inossidabile Sandra Milo, che nella pellicola veste i panni di Antonietta Sfefanelli, la madre di Enzo.

Denis, come ha preso forma l’idea alla base del film?

«Parte della storia è vera - anche se non è stato indicato -, direi i primi quindici minuti: in Georgia un uomo ha realmente salvato la vita di un killer. Un killer che dopo poche settimane è però sparito dalla sua vita. Quell’uomo ha raccontato quanto accaduto al regista polacco Krysztof Zanussi, durante una cena in un hotel di Tbilisi nel 2004. In quei giorni stavo frequentando un workshop col maestro, e il caso vuole che in quegli istanti mi trovassi nella hall di quello stesso albergo: incontro Zanussi, beviamo un drink e lui incomincia ad entrare nei dettagli di quella storia pazzesca. Poi, nel 2010 ho parlato di quella vicenda con Heidrun Schleef, la sceneggiatrice: era entusiasta quanto me, per cui ho chiamato Krysztof Zanussi, chiedendogli - sulla base del suo racconto - di poter lavorare alla pellicola.

Che vuoi dirmi dell’adattamento, della costruzione dei personaggi? 

«La storia è stata ambientata in Italia, giocando sul parallelismo tra mafia georgiana e mafia italiana. Poi, abbiamo iniziato a creare e a modellare i personaggi, portando il killer, ad esempio, a differenza di quanto accaduto nella realtà, a entrare definitivamente nella famiglia di Enzo.

Mentre scrivevi il soggetto già pensavi agli interpreti?

«Gli interpreti sono arrivati a poco a poco, alcuni addirittura durante la preparazione delle riprese.

Dimmi del coinvolgimento di Abatantuono che, tra l’altro, con te, Heidrun Schleef, Luca De Benedittis e David McWater ha lavorato alla sceneggiatura…

«Mi serviva un colosso, fragile, però, nello stesso tempo… Salvatore, invece, doveva essere un felino: agile, come Antonio Folletto.

Quanto è cambiato Denis Rabaglia da “Azzurro” (Svizzera-Italia, 2000)?

«Sono cambiato dopo “Marcello Marcello” (Svizzera, 2008). Ma non saprei spiegarti esattamente come. Risponderti è davvero complicato...

Tu hai nemici?

«Certo! Mentre scrivevo questo film ho capito che un amico in realtà era un nemico.

E questo nemico che fine ha fatto?

«(ride) Perdonami, ma a 20 minuti non posso dirlo…».

Sandra Milo si racconta: «La mia vita è stata meravigliosa, nel bene e nel male»

 

Signora Milo, qual è stata la sua prima reazione nel momento in cui ha letto il copione del film?

«Mi è piaciuta questa madre così cattiva, ottusa, che non capiva i valori del figlio. Mi piaceva il suo egoismo, il suo gioco, le sue sigarette. Un personaggio così lontano da me. Poi, ho conosciuto Denis, che è un ottimo regista: si capisce che è uno che pensa. Poi c’è stato l’incontro con Diego,  un uomo di grande bellezza».

Aveva già lavorato con Abatantuono in “Camerieri” (Italia, 1995)...

«In quell’occasione lo conobbi poco: il ruolo non mi piaceva e dopo pochi giorni dall’inizio delle riprese me ne andai...».

Cos’è per lei il cinema?

«È l’amore. E mi piace anche l’idea di esserci ancora dentro, intorno, vicino… Se mi offrissero un altra piccola parte - bella, interessante -, io la accetterei. Tra l’altro, dopo “Un nemico che ti vuole bene” ho interpretato la protagonista in un altro film...».

Vuole entrare nei dettagli?

«È un film di Fabrizio Maria Cortese, si intitola “Free”. Andrà alla Festa del Cinema di Roma».

Qual è il più bel ricordo della sua carriera?

«Sono tanti. La mia vita è stata veramente meravigliosa - nel bene e nel male -, intensa e passionale».

Qual è il film a cui ha preso parte che ama di più?

«A parte “8½” (Italia, 1963) di Fellini, “La visita” (Italia, 1963) di Antonio Pietrangeli. Antonio sapeva trattare l’animo femminile, a differenza della maggior parte degli altri registi. Amava le donne e amava raccontarle».

E di Marcello Mastroianni che mi dice?

«Marcello era colto, intelligente, spiritoso, curioso, goloso. E molto semplice. Era una persona vera».

 

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