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CANTONEQuando Salis incontrò Watson

28.06.18 - 06:01
L’hammondista ticinese Frank Salis presenta a JazzAscona un album di inediti inciso a New Orleans
Quando Salis incontrò Watson
L’hammondista ticinese Frank Salis presenta a JazzAscona un album di inediti inciso a New Orleans

ASCONA - Galeotto fu JazzAscona 2017. Fu lì, durante l'edizione di un anno fa, che Frank Salis, eclettico hammondista ticinese attualmente di casa a Losanna, incontrò Michael Watson, trombonista e cantante di New Orleans. I due, insieme per un progetto di r&b classico, avevano proposto all'interno di quella collaborazione una serie di brani firmati da Salis, per la parte musicale e gli arrangiamenti, e da Watson per i testi. Brani che sono andati a confluire in “Frank Salis meets Michael Watson”, album registrato a New Orleans che sarà presentato in anteprima europea venerdì 29 e sabato 30 giugno per JazzAscona 2018.

Frank, in questo progetto ti ritroviamo pianista e chitarrista. Com'è stato l'arrivederci all'Hammond?

È soltanto una pausa dal trio. Mi sono detto che poteva essere interessante e diverso dalla quotidianità fare qualcosa al pianoforte e alla chitarra (tra i miti di Frank c'è John Scofield, ndr). Devo dire che ho un modo di approcciarmi agli strumenti abbastanza univoco: datemi qualcosa da suonare, e ve lo suono...

“Frank Salis Meets Michael Watson”: da dove nasce l'idea di un disco?

A JazzAscona 2017 andò tutto talmente bene che qualcuno disse “ma dovete registrare!”, così alla fine di ottobre siamo volati a New Orleans. È stato Nicolas (Gilliet, il direttore artistico di JazzAscona, ndr) a propormi di presentarlo nuovamente al festival.

È stata la tua prima volta a New Orleans?

In assoluto. Anni fa ero stato a New York, che tutti mi avevano descritto come il centro del mondo, ma non ci avevo trovato tutta questa energia. Forse ero prevenuto da tutto quell'entusiasmo via terzi. E invece, andando a New Orleans senza troppe aspettative, e con poco tempo a disposizione, ho trovato una città meravigliosa, C'è musica dappertutto, c'è gente dappertutto. È esattamente come viene descritta.

Un'immagine con la quale sei tornato a casa?

L'idea che quelli di New Orleans si sentono americani a modo loro, per via del clima tropicale, che conferisce a tutti ritmi di vita da Sud America. L'altra cosa che mi ha colpito è che è uno di quei pochi posti al mondo dove se chiedi a un musicista come va economicamente ti dice che ha comprato una casa. Certo, non è tutto rose e fiori, ma di musica si può vivere. Tutto il mondo va lì per ascoltare musica, quindi si suona sempre. Tre concerti al giorno, dal pomeriggio, è un buon modo per restare in esercizio.

Quello con Watson non è il solo disco del 2018. Si affianca al tuo “Salis”...

Sì, “Salis” è stato realizzato con l'idea era di trovare una direzione più personale, che si distaccasse da tutto quello che è di solito l'organo Hammond. Ho cercato di trovare un suono mio, per il quale si possa dire “questo è Salis”.

Ora che sei stato a New Orleans, con quali occhi rivedi JazzAscona?

Fedelissima all'originale. Nicolas fa un gran bel lavoro qui e in Lousiana, è un punto di riferimento. “Prima o poi, se tutto va bene, vado a JazzAscona” dicono i migliori musicisti di New Orleans.

Il tuo mondo è il palco, ma anche la didattica...

Sì, un lavoro bello e interessante, ma anche un punto di riferimento per non dover accettare tutto musicalmente, una sorta di cuscino che la mia stessa professione mi ha procurato e che mi permette di pagarmi un sogno come quello di lavorare con artisti americani. C'è chi preferisce investire i propri guadagni in due settimane alle Maldive, e non nego che sia una bellissima scelta. Io preferisco incidere un disco. Ho cominciato a suonare con l'intenzione di vivere questi momenti...

 

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