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CANTONEPer Max Deste è... “Ancora estate”

29.05.18 - 06:01
È uscito sabato 26 maggio in tutti i digital store il nuovo singolo del ticinese Massimiliano De Stefanis, in arte Max Deste
Per Max Deste è... “Ancora estate”
È uscito sabato 26 maggio in tutti i digital store il nuovo singolo del ticinese Massimiliano De Stefanis, in arte Max Deste

LUMINO - Dopo avere sperimentato all'interno di ambientazioni rock, indie rock, passando anche all'interno di contesti di matrice punk, negli ultimi tempi Max - cantautore, scrittore, poeta, guaritore e direttore del Centro di Meditazione Shambhala di Giubiasco, nonché docente di italiano e storia presso le Scuole medie di Castione - si è spinto in territori pop e più danzerecci, ottenendo ottimi risultati. A documentarlo sono i primi due singoli - “Danzare tra le nuvole” (uscito lo scorso mese di aprile) e “Ancora estate” (da sabato nelle piattaforme digitali) - che anticipano il suo primo album da solista, dal titolo “Ok silenzio”, la cui pubblicazione è prevista il prossimo autunno.

Max, raccontami la nascita di questo secondo singolo...

«Nasce come la volontà di raccontare l’imminente ritorno dell’estate... Ma per rispondere a questa domanda in modo più dettagliato, devo fare una breve premessa, che mi permette anche d’incorniciare la poetica di tutto l’album. Negli haiku (poesia giapponese), l’ambiente circostante, con il quale bisogna entrare in una sorta di simbiosi, è essenziale nel processo creativo. Prima di scrivere una storia, o di comporre una canzone, nel mio caso grazie alla meditazione che pratico da anni, cerco di entrare in sintonia con il mio corpo e quindi con l’atmosfera in cui sono immerso. Questo mi permette poi di cogliere in modo più spontaneo - senza pregiudizi e sovrastrutture - ciò che mi sta attorno. Un po’ come fanno i bambini che si meravigliano per ogni cosa nuova… In questo senso, se il primo singolo (“Danzare tra le nuvole”) rappresenta un inno alla primavera, con l’idea centrale di rinascita, “Ancora estate”, si configura come il suo logico sviluppo, celebrando il periodo dell’anno più vitale e ricco di aspettative, in cui da una parte la natura mostra orgogliosamente i suoi frutti, e dall’altra vede le persone uscire all’aperto in una fusione di corpi, umori, pulsioni e passioni. I quattro elementi naturali sono presenti contemporaneamente in tutto il loro splendore - terra/sabbia, mare, cielo, sole -, niente è quindi nascosto, tutti ci mostriamo per quello che siamo, e non solo fisicamente. Ma lo scorrere del tempo, dopo l’apparente rallentamento, riprende inesorabile, le giornate si accorciano di nuovo, le tenebre avanzano, e di questo periodo estivo, alla fine, non ci restano che i ricordi, aspettando ancora l’estate, la prossima...».

Questo brano è sbarcato sul web a poche settimane dalla pubblicazione di “Danzare tra le nuvole”: che vuoi dirmi al riguardo?

«L’idea era quella di fare uscire i primi due singoli prima dell’estate anche per avere i primi feedback, per sondare il terreno, ed eventualmente integrare alcune osservazioni costruttive. “Danzare tra le nuvole”, oltre a celebrare la rinascita, come ti spiegavo poco fa, è anche un invito a vivere ogni singolo istante con presenza mentale, lasciando andare le paure per un futuro che non c’è ancora e abbandonando i rimpianti per un passato che non si può più cambiare. Accettando noi e la persona amata per quello che siamo, senza pretese di manipolare la realtà, cavalcando insieme le invisibili energie dell’universo con grazia e leggerezza, per poi elevarci a una metaforica danza tra le nuvole e i raggi del sole».

Due singoli, questi, che anticipano il tuo primo album da solista. Vuoi entrare nel dettaglio della produzione?

«Al momento abbiamo selezionato una decina di brani legati concettualmente tra di loro. I testi e le musiche sono miei, gli arrangiamenti invece sono opera di due notevoli professionisti come Roberto Colombo e Riccardo di Filippo, con i quali è scattata da subito la scintilla creativa. L’intera produzione è curata presso lo studio Heaven Recording di Lugano. Per questo autunno termineremo la registrazione di tutti i brani. È un lavoro metodico, della durata di circa nove mesi… Per ogni brano registriamo prima la mia chitarra guida, poi la voce, in seguito gli altri strumenti e, infine, di nuovo la mia voce».

Cosa vuoi dirmi dei testi dell’album, in termini generali?

«Come dice il titolo, i contenuti rinviano all’idea di non lasciarsi distrarre troppo dai milioni di input che quotidianamente riceviamo - se pensiamo solo al nostro rapporto con le nuove tecnologie e con dispositivi come gli smarthphone -, ma di riscoprire i rapporti personali, fatti di sguardi, di carezze, di fisicità, ma anche di silenzi e di attese. Credo che in questo momento storico, in cui l’intelligenza artificiale è sempre più presente, ci sia bisogno di tanta umanità, e perché no, anche imperfezione. A suo modo, questo disco vuole essere un inno alla vita umana, e non artificiale. Il titolo ricalca quello celebre di “Ok Computer” dei Radiohead (1997), un album che mi ha influenzato molto e che ancora adesso ascolto volentieri. All’epoca, loro celebravano l’avvento di questa nuova dimensione che ha radicalmente cambiato il nostro quotidiano. Ecco, con "Ok silenzio", idealmente c’è l’intenzione non tanto di cancellare la tecnologia per ritornare a un passato che non esiste più, ma piuttosto di accoglierla ed integrarla, in modo che risulti sempre un mezzo e non un fine».

Ora sperimenti in ambientazioni di matrice pop, synth-pop, dance… Prima ti sei mosso in territori indie rock, anche punk. Perché la scelta, diciamo così, di cambiare rotta?

«A livello musicale, sono sempre stato aperto alle varie influenze musicali. Oltre alla musica classica ed elettronica, che adoro da sempre, ai miei esordi (tredici anni) ascoltavo i Pink Floyd e il rock degli anni Settanta/Ottanta, e quindi mi veniva spontaneo replicare quelle atmosfere. In seguito, ho attraversato altre fasi significative: in sintesi dal grunge dei Nirvana al rock alternativo dei Placebo, fino ad approfondire territori più sperimentali e di nicchia - penso ai nostri straordinari Peter Kernel -. In questo ultimo lustro, anche perché sempre di più scrivo e canto in italiano, cercando di curare il testo, ho maturato la convinzione che per essere comunicativi e arrivare a più persone, e in fondo questo è l’aspetto che più m’interessa, il genere pop, con tutte le sue sfumature, è quello che si presta meglio. Dunque per un po’ ho messo da parte le chitarre distorte».

Quali artisti, o quali dischi in particolare, hai ascoltato durante il concepimento dei due singoli, così come durante la messa a punto degli altri brani che completeranno l’album?

«Direi tutto il sottobosco indie pop e rock italiano che recentemente si sta affermando a un livello molto più popolare: Subsonica, Verdena, Ministri, Calcutta, Coez, Cosmo, Motta, per citare i primi che mi vengono in mente, oltre all’eterno Battiato, di cui conosco quasi tutte le canzoni a memoria».

Quando presenterai le nuove canzoni in dimensione live?

«Sto preparando due repertori, uno acustico - più intimista -, dimensione che porto avanti ormai da diverso tempo, e uno per palchi più grandi con la band al completo. Immagino che per questo autunno, con l’uscita dell’album, saremo pronti. L'intenzione di proporre qualcosa di testualmente interessante - e, perché no, faccia anche ballare - c’è tutta».

 

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