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CANTONEEcco la natura umana in 17 istantanee sonore

08.05.18 - 06:01
“NaturaHumana” è il primo album del giovane gruppo ticinese Il Saggio
Ecco la natura umana in 17 istantanee sonore
“NaturaHumana” è il primo album del giovane gruppo ticinese Il Saggio

BELLINZONA - Diciassette tracce da cui traboccano profonde riflessioni e impressioni su di noi, fragili esseri umani.

Filippo Leoni (voce, chitarra), Emilio Giovanoli (basso, contrabbasso) e Ivo Gasparini (batteria, percussioni) - che dal 2014 condividono la line-up della band - hanno amalgamato e confezionato sonorità - spingendosi in territori musicali anche molto distanti - cucendosele addosso quanto una seconda pelle o un completo su misura.

Cantautorato, world, blues, jazz trasudano dagli arrangiamenti, dalle strutture di questo primo gioiello. Un gioiello, per di più, che conta la collaborazione di Andrea Pedrazzini (Hammond, pianoforte) e di Franco Ambrosetti (flicorno).

«Il Saggio - ci spiega Filippo nel corso di una chiacchierata - è un modo per raccontare storie con un nome in grado di rappresentare tutti. Non vuole essere una voce autoritaria e superiore, ma, piuttosto, suscitare domande o emozioni».

Questo primo album arriva a quattro anni dal successo del singolo “Dove sta il mare” (2014). Perché tutto questo tempo?

«Dopo l’uscita della canzone, ci siamo dedicati ai concerti, senza più rientrare in studio. Per la scrittura di questi nuovi brani, così come per gli arrangiamenti e le registrazioni, inoltre, è servito molto tempo: è stato un lavoro enorme, se si pensa che parallelamente stiamo conducendo i nostri studi universitari...».

Raccontami in breve lo sviluppo del disco...

«Ho scritto molte canzoni durante una traversata dell’oceano Atlantico in barca a vela. Altre sono arrivate in seconda battuta…».

Nell’album avete raccolto 17 tracce: sono tante, soprattutto al giorno d’oggi. La media, come sai bene anche tu, è attorno alla dozzina. Che vuoi dirmi al riguardo?

«Probabilmente, la società richiede un prodotto più breve da fruire nel minor tempo possibile. Noi abbiamo preferito ragionare in modo diverso: sicuramente è un lusso, di cui, però, non potevamo fare a meno...».

I testi analizzano gli aspetti più intrinsechi dell’essere umano: raccontano di sopravvivenza, d’amore, di egoismo, di resilienza. Quanto c’è di autobiografico? Oppure hai osservato la vita di altre persone?

«L’aspetto personale risiede in ogni canzone, se non in modo autobiografico, sicuramente nel modo in cui osserviamo la vita degli altri. Ciononostante, nell’album vengono raccontate molte storie di persone conosciute, incontrate o, semplicemente, immaginate».

Si parla anche di quell’istinto che spinge l’uomo a fare pazzie. Tu ne hai mai fatte?

«Questo è un grande punto interrogativo dell’album. Si cerca di rispondere al perché l’uomo spesso compia certi gesti e con quale scopo. E spesso questi interrogativi rimangono aperti. Se io ho mai fatto pazzie? Forse…».

Quali sono le vostre maggiori influenze musicali? Quali i vostri ascolti durante il processo di lavorazione del disco?

«Ogni componente della band ascolta cose diverse, e questo, secondo me, è ciò che crea la ricchezza sonora del gruppo. Io ascolto molto blues, Ivo ascolta e crea musica elettronica, Emilio studia jazz... Per rispondere alla seconda domanda, comunque, personalmente, nell’ultimo anno non ho ascoltato musica, se non le tracce dell’album. Non ne ho sentito la necessità...».

Raccontami le sessioni di registrazione…

«Sono state effettuate prevalentemente in uno chalet in Valle di Blenio. Il tutto è durato circa quattro mesi. Successivamente, ci siamo spostati all’Auditoria Records di Fino Mornasco (CO), dove, con Antonio Chindamo, abbiamo inciso le parti di batteria e lavorato all’editing, al missaggio e al mastering. Anche quest’ultima fase ha richiesto vari mesi di lavoro e molte notti insonni...».

Come è nata la collaborazione con Franco Ambrosetti?

«Avevamo una canzone dove il suo flicorno si sarebbe adattato perfettamente, perciò gli ho scritto. Mi ha risposto entusiasta, dicendomi che il brano gli piaceva e che avrebbe lavorato con noi volentieri. Alla fine, ha suonato in due canzoni...».

Come vi siete sentiti in studio con un musicista del suo calibro?

«È una persona molto pacata, un vero gentiluomo. Per fortuna la musica non crea soggezione. Per cui suonare con lui è stato molto naturale. Nel contempo, per di più, si è creata anche un’amicizia...».

 

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