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Steve Bug: «Non preparo mai i miei dj set»

CANTONESteve Bug: «Non preparo mai i miei dj set»

08.03.18 - 06:01
Il dj e produttore tedesco sarà impegnato alla consolle del Living Room di Lugano domenica 18 marzo
FOTO MARIE STAGGAT
Il dj e produttore tedesco Steve Bug.
Il dj e produttore tedesco Steve Bug.
Steve Bug: «Non preparo mai i miei dj set»
Il dj e produttore tedesco sarà impegnato alla consolle del Living Room di Lugano domenica 18 marzo

LUGANO - Attesissimo il suo arrivo alle nostre latitudini. D’altra parte, stiamo parlando di una vera e propria autorità della musica elettronica, nello specifico, in ambito minimal techno e deep house.

Negli scorsi giorni lo abbiamo raggiunto sul cellulare.

Steve, dove ti trovi?

«A Berlino. Vivo qui da qualche tempo…».

Tra poco più di una settimana ti vedremo alla consolle del Living Room: che vuoi anticipare?

«Non preparo mai i miei dj set. E, francamente, non capisco nemmeno coloro che lavorano alla performance con largo anticipo. Prima di tutto, devi farti un’idea del club, dell’ambiente... I fattori da tenere in considerazione sono tanti...».

Nulla di predefinito, quindi...

«Esatto. Ciò che faccio, uno o due giorni prima della serata, è comprare nuova musica - in digitale e talvolta in vinile - per poi decidere, esclusivamente nel corso dei dj set, se utilizzarla o meno…».

Il 6 aprile, tramite Poker Flat, la tua label, pubblicherai “Paradise Sold”, un album su cui hai lavorato con Langenberg: come è nata la vostra collaborazione?

«Ci conosciamo già da qualche anno, più precisamente da quando lui, nel 2009, pubblicò del materiale con la Dessous Recordings, l’altra mia etichetta. Ma finora, insieme, non avevamo ancora realizzato nulla. La collaborazione in questi termini ha incominciato a prendere forma nel 2016 in maniera, devo dire, molto naturale. Ovvero, iniziando a sviluppare le idee confluite successivamente nei primi brani venuti alla luce, “Chord Cluster” e “The Teaze”, poi pubblicati - in digitale e vinile 12” - lo scorso mese di ottobre, come primo assaggio dell’album...».

Quant’è durato l’intero processo di lavorazione del disco?

«Circa un anno e mezzo. Ci siamo trovati in studio in maniera piuttosto irregolare a causa dei vari impegni di entrambi. Perciò, per portare a termine tutte le tracce è servito un po’ di tempo...».

Sono nove i brani raccolti all’interno di “Paradise Sold” (dieci per l'edizione riservata ad alcuni digital store): che vuoi dirmi delle influenze?

«Beh, sono tante. Di musica, io come Langenberg, in tutti questi anni ne abbiamo “ingerita” a tonnellate… C’è tutto, dal passato al futuro. Devo confessarti, però, che nel momento in cui sono in studio, non è mia abitudine pensare e riflettere in questi termini, ossia per stili o per generi… A dare l’impulso ai brani sono le sensazioni… Una riflessione stilistica, se così vogliamo definirla, secondo me, avviene in seconda battuta, soltanto dopo avere portato a termine il lavoro…».

Comunque, all’interno del disco, le sonorità della Detroit House sono piuttosto nitide…

«Beh sì, credo anche della mininal techno berlinese…».

Perché il titolo “Paradise Sold”?

«Diciamo che i titoli dei miei album, così come delle singole tracce, sono uno spunto, uno spunto per una libera interpretazione. Sono dell’opinione che la gente debba crearsi il proprio film, sulla base delle sensazioni percepite ascoltando la musica, contenuta in un intero disco o in un singolo brano…».

 

 

 

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