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Don Broco, pronti a infiammare il Foce

SVIZZERA/REGNO UNITODon Broco, pronti a infiammare il Foce

11.10.16 - 06:00
In attesa di vedere i Don Broco esibirsi sabato 15 ottobre tra le mura del Foce di Lugano, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il vocalist della giovane band britannica, Rob Damiani
Foto Marcus Maschwitz
In primo piano Rob Damiani.
In primo piano Rob Damiani.
Don Broco, pronti a infiammare il Foce
In attesa di vedere i Don Broco esibirsi sabato 15 ottobre tra le mura del Foce di Lugano, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il vocalist della giovane band britannica, Rob Damiani

LUGANO - Dopo uno strepitoso live tenuto nell’ambito del LongLake Festival nel 2015, Rob e i suoi compagni di viaggio - Simon Delaney (chitarra), Tom Doyle (basso) e Matt Donnelly (batteria) - tornano così a calcare il palco alle nostre latitudini.

Rob, come è iniziata questa grande avventura...

«La band ha mosso i primi passi ai tempi della scuola, oramai quasi dieci anni fa. Tutto è iniziato durante le vacanze estive: andai a casa di Doug, un vecchio amico, impegnato con le prove della sua band, all’interno della quale già militavano Simon, Matt e il primo bassista dei Don Broco, Luke. Inizialmente, mi dilettavo con le percussioni, ma dopo un mese Doug decise di accantonare il progetto… Andava sostituito, e io presi il suo posto alla voce...».

Cosa ascoltavate all’epoca?

«Gli Incubus… Ho sempre pensato che i nostri primi tentativi compositivi fossero la brutta copia di alcuni loro brani… (ride)».

Quali le erano le cover, in quel primissimo periodo, all’interno della scaletta del gruppo?

«Calcola che la setlist del nostro primo live contava soltanto una nostra canzone. Le altre erano cover dei Deftones, dei Bloodhound Gang e, come puoi immaginare, degli Incubus…».

Spiegami le origini del nome Don Broco...

«Inizialmente, avevamo pensato a Don Loco ma, dopo una rapida ricerca in rete, abbiamo scoperto che un dj aveva optato per questa scelta già qualche tempo prima di noi… Poco dopo, Simon si è rotto il polso giocando a calcio:  io e gli altri, per prenderlo in giro, lo chiamavamo Don Broke-O… È partito tutto da lì...».

Avete mai pensato di ristampare il vostro primo ep autoprodotto, “Big Fat Smile” (2010)? Ora come ora non così semplice reperirlo…

«Forse un giorno accadrà, perché no… Per il momento, però, consiglio di tenere d’occhio Ebay!».

Cosa vuoi dirmi di “Priorities” (Search and Destroy/Sony, 2012), il  primo album?

«In un modo o nell’altro racconta le scelte che ognuno di noi fa nella vita: scegli ciò che per te è più importante in quel preciso momento e dopo qualche tempo fai i tuoi bilanci...».

Come vi siete sentiti durante il processo di lavorazione, rispetto all’autoproduzione precedente?

«Diciamo che non abbiamo registrato la prima cosa che ci passava per la testa, come facevamo prima… (ride)».

Ora raccontami di “Automatic” (Epic, 2015), il vostro secondo (e ultimo) album…

«Abbiamo incominciato a focalizzarci sul disco tra giugno e agosto 2014: un’estate molto calda, anche in Inghilterra. Immagino sia questo il motivo per cui il disco ha preso, alla fine, una “direzione estiva”...».

Perché “Automatic”?

«Come gruppo, nel corso del tempo, abbiamo imparato a reagire immediatamente alle opportunità, magari anche cambiando i piani… Alla base della scelta, c’è questo fattore...».

Uno dei singoli di “Automatic” si intitola “Superlove”... Cosa vuoi dirmi al riguardo?

«Non parliamo di un amore positivo, ma di una dipendenza… Puoi provare amore per una persona, per un lavoro, per un hobby… Ma se getti tutto il resto fuori dalla tua vita, non è un amore sano…».

Cosa avete ascoltato, in particolare, durante lo sviluppo dell’album?

«Simple Minds, Inxs, Tears For Fears, Police...».

Qual è l’ultimo album che hai comprato?

«“That’s The Spirit” (Columbia, 2015), l’ultimo dei Bring Me The Horizon».

Siete al lavoro sul terzo disco?

«Qualche idea c’è… L’obiettivo è portarlo a termine entro l’estate 2017…».

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