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LOCARNOValeria Bruni Tedeschi: «Non credo ci siano persone normali al mondo»

04.08.16 - 18:38
L'attrice ha portato al Pardo il suo primo documentario "Une jeune fille de 90 ans"
Foto Festival del film Locarno / Pablo Gianinazzi
Valeria Bruni Tedeschi: «Non credo ci siano persone normali al mondo»
L'attrice ha portato al Pardo il suo primo documentario "Une jeune fille de 90 ans"

LOCARNO - «Io non credo ci siano persone normali al mondo». Benvenuti nel mondo di Valeria Bruni Tedeschi, uno tra i personaggi femminili più interessanti della scena cinematografica europea. Ha lavorato come attrice in numerosi film di autori italiani e francesi, da Moretti e Calopresti a Virzì e Chéreau, fino a giungere al cospetto di mostri sacri del cinema americano quali Steven Spielberg, (nel bellissimo Munich) e Ridley Scott (Un’ottima annata).

Nel 2003 firma la regia del film "È più facile per un cammello…", seguito dai successivi, per poi approdare al documentario. Nel cinema è meglio non fare distinzioni tra documentario e finzione, ma quando ci si immerge nel cinema del reale, l’autore percepisce qualcosa di diverso, di nuovo. È proprio di questo che Valeria ci ha parlato durante il suo incontro col pubblico allo spazio Magnolia RSI, per presentare al pubblico del Festival il suo primo documentario "Une jeune fille de 90 ans".

Film interamente girato in una clinica francese, in cui un famoso coreografo conduce un laboratorio di danza con pazienti anziani, malati di Alzheimer. Un film che si muove tra ricordi d’infanzia, rimorsi e gioie incontrollate, come quella di Blanche, che a più di novant’anni si innamora del coreografo e non ha alcun timore di gioirne. L'attrice spiega: «Abbiamo girato con due videocamere e, paradossalmente, dopo un po' tutto è stato più facile e per nulla invadente. Ci eravamo perfettamente integrati nel gruppo, condividendo con loro molti momenti di grande intensità».

Perché raccontare personaggi che stanno ai margini? «Ci sono persone che sanno indossare la maschera della normalità ed altre che non possono o non sanno farlo. Proprio coloro che non la indossano sanno raccontare la realtà in una maniera che a me interessa molto di più».

«La vecchiaia non mi spaventa», ha detto Valeria. «Mi fa paura la solitudine, pensare che queste persone non possano più vivere gli ultimi anni della vita vicino ai propri cari. Come si sta in Francia in questo periodo? Ci sentiamo come ovunque, tutti sotto attacco. A me fa paura l’assenza della parola, di un pensiero, il fatto che ci si concentri molto sugli effetti e poco sulle cause di ciò che sta accadendo».

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