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SANT'ANTONINO"La vita? Talvolta è come se non bastasse mai"

25.11.15 - 06:00
Qualche settimana fa Alessandro Lippis ha pubblicato il suo secondo disco, “Sole o luna”
"La vita? Talvolta è come se non bastasse mai"
Qualche settimana fa Alessandro Lippis ha pubblicato il suo secondo disco, “Sole o luna”

SANT'ANTONINO - Nove canzoni di ottima fattura, ammalianti, in cui il migliore cantautorato italiano incontra il rock, quello vero. Strofe fatte di vita, versi costruiti da riflessioni, emozioni, speranze. Qui c’è la realtà. La realtà della vita. Di quella vita che, nel bene e nel male, va vissuta intensamente.

Alessandro, raccontami il tuo percorso musicale…

Il mio percorso musicale inizia nel 2003 con le lezioni del mio ormai ex insegnante di tastiere Omar Pelloni. Grazie a lui ho avuto modo di imparare buona parte della teoria e della pratica musicale sul mio strumento. Attraverso queste lezioni e molta pratica mi è venuta voglia, guardando e assistendo a vari concerti di Vasco Rossi, Zucchero e molti altri, di scrivere canzoni e di cantarle. Non avevo minimamente idea di dove queste “sperimentazioni” mi avrebbero portato, ma giocare a fare la rockstar a casa mia con il karaoke, suonare, scrivere canzoni e testi erano cose a cui non riuscivo a dire di no. Mi facevano sentire diverso… Ma nel senso buono. Poi, un giorno, è arrivata a casa una lettera di Telethon e di Anna Maria Sury in cui mi chiedevano se volessi far parte di un progetto che aveva come obbiettivo di avvicinare i ragazzi con handicap a uno strumento con l’aiuto di alcuni professori di musica. Tra di loro c’era anche Michele Fedrigotti, con il quale ho instaurato un feeling musicale e un’amicizia che mi hanno portato a fidarmi di lui e a comunicargli che da un po’ di tempo, nella mia testa, c’erano varie melodie che desideravo si trasformassero in qualcosa di concreto. Abbiamo incominciato a lavorarci con entusiasmo e passione, dopodiché ci siamo accorti che eravamo arrivati ormai a otto pezzi. A questo punto, perché non fare un disco? Nel 2008 è nato “Eccomi qua”, un album che mi ha consentito di tenere vari concerti: al Teatro Sociale di Bellinzona, in Piazza Grande a Locarno e in Piazza Manzoni e al Palazzo dei Congressi a Lugano. Oltre ad aver avuto l’opportunità e l’onore di raccogliere fondi per Telethon, questa esperienza mi ha permesso di gestire l’adrenalina e la concentrazione sul palco e a rivolgermi ad un pubblico più o meno vasto (a seconda dei punti di vista).

Come nascono le tue canzoni?

Nascono da ogni cosa mi ispiri, da ogni cosa mi entusiasmi, mi faccia arrabbiare o del male. Dalle cose e i gesti più semplici fino a un evento di maggiore rilevanza. Mi capita spesso di dedicare canzoni alle ragazze, è più forte di me: spesso le definisco “La musica con le gambe” perché sono
come una canzone. Non puoi capire una canzone, puoi solo ascoltarla e interpretarla sulla base delle esperienze che hai fatto e che ancora ti porti dentro. Lo stesso vale per una ragazza: puoi ascoltarla, puoi desiderarla, puoi amarla… Ma non capirla. Detto questo, capisci che le ragazze che incontro hanno un ruolo praticamente centrale nella mia vita musicale (e non solo). Ovviamente la mia musica non si limita a questo: parlo di vita, di rabbia, di ribellione, di coscienza oltre che di amore, ovvio.

Vuoi entrare nel dettaglio del testo della title-track? È proprio così, l’apparenza spesso inganna…

Esatto, l’apparenza inganna perché nella maggior parte dei casi la nostra mente è plasmabile, e non credo sia una colpa: noi abbiamo sempre (e da sempre) bisogno di certezze sulle quali appoggiarci, indipendentemente dal fatto che queste certezze siano veritiere o meno. Siccome amo provocare, ho voluto giocare proprio su questo attraverso due concetti. Il primo riguarda una scelta che prima o poi la vita ti pone: non puoi lasciare che siano sempre gli altri a decidere per te, non puoi sempre farti pilotare. Bisogna informarsi, capire ciò che ci circonda, farsi un’idea, decidere e, soprattutto, accogliere le conseguenze delle scelte che prendiamo e le dovute responsabilità. Una vita dedita al disinteresse generale, per me, non è vita. Il secondo concetto invece riguarda il capovolgimento dei preconcetti: davvero il giorno è associabile alla sicurezza? Davvero il buio è associabile al pericolo? È proprio durante il giorno che veniamo circondati da ipocriti pronti ad accoltellarci, mentre nel corso della notte, quando ci chiudiamo in camera nostra, abbiamo la possibilità di toglierci la maschera ed essere finalmente noi stessi. È durante la notte (nella maggior parte dei casi) che facciamo l’amore ed è sempre durante la notte, magari prima di addormentarci, che ci vengono le idee più geniali. Spesso è il punto di vista che determina i contorni della nostra vita. È tutta una questione di prospettiva.

E del testo di “Sono un gran geloso” cosa puoi dirmi?

Ahah! Lo definisco come un “brano di ammissione”. Ho sempre odiato i gelosi. Ho sempre paragonato la gelosia alla mancanza di fiducia. Il problema è che ci si mette la sorte a sconvolgerti i piani: ti innamori e quando vedi la ragazza in questione parlare e ridere con un altro ragazzo… Beh, fa male… Ho sempre tenuto nascosto la cosa finché un giorno le ho detto: “Senti, siamo amici, tu non provi lo stesso sentimento che provo io per te e mi va bene, ma io sarò sempre e comunque geloso, sappilo”. Da lì mi è venuta l’idea di prendermi un po’ in giro attraverso una canzone.

“Questa è la mia vita” chiude il disco… Come descriveresti questo brano?

È il primo brano che ho scritto dopo esser stato dimesso, dopo un mese, dall’Ospedale Universitario Cantonale di Ginevra a causa di una brutta
infezione al polmone destro… E in un paio di momenti ho rischiato la vita. Quando sai che la stai rischiando, quando senti le energie che pian piano ti abbandonano ma fai di tutto per rimanere a galla e ci riesci, rimane dentro di te una cicatrice dell’esperienza che hai vissuto. La gioia diventa euforia e la tristezza depressione. Vivi tutte le emozioni in modo molto più intenso ed è come se non ti bastassero mai, è come se la vita stessa non ti bastasse. Per questo nel brano dico: “La vita è una sola e voglio viverla. Non mi basta esserci, non è abbastanza essere qui. Non mi so accontentare, non è abbastanza stare male e non è abbastanza stare bene”. È un brano che mi permette di fare i conti con me stesso, rendendomi conto cosa è rimasto di me. Allo stesso tempo, però, è un brano di speranza e di volontà di diventare più forte di prima.

Quali le tue maggiori influenze musicali?

Un po’ tutta la musica che mi dica qualcosa (anche se oggi come oggi è davvero difficile trovare dei brani che vadano al di là del commerciale), ma nello specifico il rock. Come modo di scriverla e viverla, mi piacciono molto Vasco Rossi, Fabrizio De André e Francesco De Gregori. Come stile, invece, dal punto di vista prettamente musicale (quindi al di là dei testi), amo molto gli Ac/Dc, i Guns N’ Roses, Alice Cooper, Whitesnake, Bon Jovi e gli Scorpions. L’idea è quella di unire uno stile musicale di grande impatto con dei testi che vengano da vissuti veri e che facciano riflettere.

Chi ti ha trasmesso la passione per la musica?

Credo sia stato mio padre. Ricordo che un giorno lui e la sua compagna mi dissero: “Ti portiamo a vivere un’esperienza U-NI-CA”. E mi portarono a vedere Vasco allo stadio di Verona. Era il 2004. Da li iniziò tutto e mi dissi “Voglio diventare come Vasco Rossi ma a modo mio, con la mia musica”.

Raccontami le sessioni di registrazione… Si sono svolte tra le mura dell’Heaven Recording Studio di Massagno, giusto? Quando? In quanto tempo? Chi sono i musicisti?

Si sono svolte all’Heaven Recording Studio di Massagno, esatto. Cercavo uno studio di registrazione che accogliesse le mie canzoni e che mi facesse incidere un disco. È stato un amico a parlarmene. Tutto è iniziato il 26 marzo 2015 con la firma del contratto con l’HRS. Sulla base delle mie demo, io e i ragazzi dello studio abbiamo creato la struttura dei brani attraverso suoni riprodotti da pc: inizialmente ho cantato sopra le basi, dopodiché è avvenuto il passaggio dagli strumenti “sintetici” agli strumenti veri. Lavorare con loro è stato fantastico perché, oltre ad essere delle bellissime persone, sono dei veri e propri professionisti. Se il mio disco può
essere considerato “bello”, devo molto anche a loro! Nel disco hanno suonato: Roberto Colombo (tastiere, missaggio, editing), Riccardo Di Filippo (chitarre, basso, cori) e Cristian Daniel (batteria).

Stai già scrivendo nuovi brani per il tuo prossimo disco?

Ho scritto un paio di pezzi, ma per ora non hanno potenza per pensare a un terzo disco.

Hai in programma date dimensione live?

Purtroppo no, ma accetto di tutto cuore qualsiasi offerta. Mi manca stare sul palco.

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