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LUGANOManchine Diaries: così lontani, così vicini

14.08.15 - 06:00
Il 22 agosto, attorno alle 17, nell’ambito del festival Les Digitales (Paradiso), avremo modo di assistere alla “prima” live dei Manchine Diaries
Manchine Diaries: così lontani, così vicini
Il 22 agosto, attorno alle 17, nell’ambito del festival Les Digitales (Paradiso), avremo modo di assistere alla “prima” live dei Manchine Diaries

LUGANO - Abbiamo incontrato gli artefici del progetto, Omar E. Bernasconi (synth) e Gioacchino Balistreri (pianoforte).

Raccontatemi le origini del duo… Due musicisti di differente estrazione che danno vita a un sodalizio artistico del tutto singolare… Volete entrare nel dettaglio?

"Ci siamo conosciuti due anni fa tramite amici comuni, durante una cena. In pochissimo tempo si è subito creata una forte empatia che ci ha portati a fare una vacanza estiva in Sicilia. È lì che abbiamo iniziato ad approfondire i nostri reciproci gusti musicali. In effetti, pur venendo da due mondi molto diversi (Omar l'elettronica, Gioacchino la musica classica e la musica per film, ndr), ci siamo resi conto che c'erano diversi punti di incontro: nessuno di noi è un purista, amiamo la musica a 360 gradi. È stata questa apertura mentale che ci ha portati alla consapevolezza di poter creare qualcosa insieme, che fosse la sintesi dei nostri bagagli artistici. Tutto ciò che c'è stato dopo ha a che fare con la ricerca di un equilibrio tra questi due mondi, solo apparentemente così lontani".

Perché Manchine Diaries?

"Manchine è la fusione di due parole: man (uomo) e machine (macchina). Ci sembrava il caso di trovare un nome che rappresentasse pienamente la natura del nostro progetto, dove le macchine, quindi l'elettronica, si fondono con un pianismo che si può definire del tutto “umano”. In un primo momento volevamo chiamarci solo Manchine. Poi abbiamo aggiunto Diaries, per dare quel tocco di antichità che mancava: quando pensiamo a un diario, noi pensiamo al 1800, al periodo romantico e post-romantico, all'era dei grandi compositori e dei capolavori pianistici, elementi che influenzano molto la nostra musica". 

Un incontro-scontro di sonorità, il vostro, mi sbaglio?

"Esattamente: è proprio dallo scontro di elementi anche molto diversi che nasce il materiale per creare qualcosa di inedito, la difficoltà sta poi nel trovare il giusto equilibrio tra le parti. In effetti, persino la nascita dell'universo è il risultato del medesimo processo di scontro e successivo assestamento, no?"

Undici brani al vostro attivo, di cui cinque appena pubblicati in un primo ep (omonimo)… Come è avvenuta la selezione?

"Semplicemente abbiamo scelto, tra gli undici, cinque brani che potessero ben rappresentare le varie sfaccettature della nostra musica, che non sono poche: “Tangly” (aggrovigliato) ha un introduzione di piano piuttosto lunga quindi andava bene come intro per l'intero ep, che porta il nome del gruppo. In più è in 3/4, tempo del valzer, poco usato nella musica elettronica; la dice già lunga sulla nostra voglia di mescolare l'antico e il moderno. “The Tale of The Blue Trains” è ciò che si potrebbe definire una ballata elettro-strumentale ed è stato il primo brano che abbiamo inciso: l'energia elettronica ci ha fatto subito pensare a dei treni in corsa, di colore blu (in inglese si usa anche per dire “triste”) per via delle meste armonie pianistiche. “Sydney”, dal canto suo, rispetto agli altri brani, ha un carattere decisamente più elegante (e, nel contempo, porta il nome del figlio di Omar e della città australiana dove ha incontrato Miyako, sua moglie, ndr). In “Plasty-Line” abbandoniamo un po' le sonorità dance, per spostarci verso territori più industrial: in questo caso la difficoltà è stata quella di inserire il pianoforte “plasmandolo” letteralmente all'interno di un'elettronica che sembrava non lasciare spazio a ulteriori interventi. Il risultato ci ha stupito non poco. E per quanto riguarda “Unusual”, beh, non diciamo nulla, ma il titolo parla già abbastanza chiaro+.

Gli altri sei brani verranno pubblicati in un secondo ep?

"Il realtà per gli altri brani non abbiamo fretta e attualmente, nonostante siano già stati incisi, preferiamo eseguirli solo in dimensione live. Ci piacerebbe che l'intero lavoro divenisse un corpo unico, ma aspettiamo il momento giusto".

Qual è il vostro metodo compositivo?

"Gioacchino: per questa prima opera, o sarebbe meglio dire diario, è stato Omar a fornire il suo materiale elettronico, frutto del lavoro di parecchi anni, sul quale poi sono state inserite le tracce di piano eseguite da me. L'aspetto che ci sembrava giusto curare maggiormente, era di non dare l'impressione che il pianoforte fosse stato messo sopra qualcosa di già finito, ma che le varie tracce fossero state create nello stesso momento. Solo con “Unusual”, l'ultimo brano dell'ep, abbiamo lavorato capovolgendo il metodo: inizialmente ho creato la traccia di pianoforte sulla quale è stata poi imbastita la parte elettronica".

Quali le maggiore influenze musicali confluite all’interno delle composizioni?

"Le influenze sicuramente ci sono ed è giusto che si sentano. Su tutti Depeche Mode, Chopin, Nine Inch Nails, Rachmaninov, Kraftwerk".

Come verrà articolata la performance nell’ambito di Les Digitales?

"Eseguiremo tutti i brani del nostro ep, ad eccezione di “Plasty-Line” che, data la sua natura più “notturna”, preferiamo riservarla per lo show serale, ovvero per l'after party che si terrà al Living Room Club di Lugano: inizieremo a mezzanotte e suoneremo tutto il nostro repertorio, al quale aggregheremo, con ogni probabilità, anche due nostre visioni-tributi di brani di altri artisti".

 

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