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CANTONEChiara Dubey e una musica liquida che dà voce a pensieri ed emozioni

25.02.22 - 06:00
In "Choral of Thoughts" la voce è «uno sciame d'api» che si mescola alla tessitura degli archi
ANDREA PANTECA / LAILA POZZO
Chiara Dubey e una musica liquida che dà voce a pensieri ed emozioni
In "Choral of Thoughts" la voce è «uno sciame d'api» che si mescola alla tessitura degli archi

LOCARNO - Chiara Dubey introduce "Choral of Thoughts" spiegando che l'ispirazione per il suo nuovo singolo proviene «dalle voci nella mia testa». Non dobbiamo essere preoccupati per la salute mentale della cantautrice ticinese: si tratta di una fonte d'ispirazione primaria per qualsiasi artista. Ma lasciamo che sia lei stessa a parlarcene.

Come possiamo identificare queste voci? Sono ispirazione, intuito, percezione?
«Nella nostra testa non c'è mai chiarezza, è sempre tutto abbastanza caotico e ognuno di noi si porta dentro questa moltitudine di voci diverse, di pensieri e d'idee. Sta a noi riuscire a individuare quelle che meritano di essere ascoltate, soprattutto quella bella che possiamo chiamare intuizione, sesto senso... Questa è l'ispirazione per il brano».

Ti sei quindi messa a "decodificarle"?
«Mi sono sempre sentita molto connessa con ciò che mi succede dentro e sono molto attenta ai pensieri e alle emozioni. Rimango spesso come in ascolto: è stato come un ritratto di quello che ci portiamo dentro».

È stato complicato?
«No, anzi, è stato sorprendentemente spontaneo. Scrivere per me non è sempre così semplice, ma questa volta le cose sono avvenute in poco tempo. È stato quasi un colpo di fortuna!».

Come sei riuscita a rendere in musica una trama di pensieri, magari caotica e aggrovigliata, in questo flusso sonoro solcato da brevi increspature?
«Credo sia possibile quando stiamo bene con noi stessi e la nostra emotività, quando siamo in equilibrio».

Come si fondono, qui, le tue influenze "classiche" con quelle pop (intese come "popular music" nel suo senso più ampio)? 
«Non ci ho veramente riflettuto, quando ho scritto il brano. Ho semplicemente cercato d'includere tutti gli elementi che mi attraggono. Ho cercato d'includere la mia voce come se fosse uno strumento tra gli altri e si mescola alla tessitura sonora degli archi. È un elemento in mezzo a questo casino di pensieri (ride, ndr)».

Non hai voluto che fosse dominante, come avviene il 99% delle volte...
«No, è tutto sullo stesso piano. Come uno sciame d'api: non riesci a individuare, guardandolo, quale guida il gruppo. Ed è quello che volevo per "Choral of Thoughts"».

Non posso non notare certe sonorità à la Sigur Rós...
«In generale ascolto musica nordica, le mie playlist sono spesso molto scure e tetre (e i miei amici mi prendono in giro, quando vengono a trovarmi). Sono molto attratta dai lavori di molti artisti e dai loro paesaggi sonori: cito solo Jóhann Jóhannsson, Ólafur Arnalds...».

Sei attratta dal Grande Nord?
«Mi piace molto l'emotività di questi compositori, anche se non sono posti per me: soffro troppo il freddo! (ride, ndr)».

In più a gennaio hai pubblicato anche la registrazione dal vivo di "Parallel Universe": ce ne vuoi parlare?
«Il brano faceva parte dell'album "Constellations" uscito nel 2020. È quello che ha ricevuto meno attenzione di tutto l'album, anche per colpa mia. Mi è un po' dispiaciuto, essendo per me molto importante. Abbiamo deciso così di valorizzarlo con una nuova versione nella formazione più piccola, il trio, che stiamo portando avanti ultimamente».

Hai detto che è molto importante per te: cosa rappresenta?
«È legato alla mia vita personale, a quando vivevo a Londra con il mio compagno. È stato uno dei periodi più belli della mia vita ma, per vari motivi, ho deciso di ritornare in Svizzera lasciando l'Inghilterra - e lui. Una decisione che mi ha spezzato un po' il cuore. "Parallel Universe" parla di come mi sono sentita quando sono rientrata in quella che era la mia casa svizzera dove sono cresciuta e i suoi paesaggi familiari. Però tutta la mia esperienza precedente, l'aver reso casa mia un altro posto, mi ha dato l'impressione di essere tornata in un universo parallelo - che conosco, assomiglia ai luoghi che mi sono appartenuti ma che non riconosco più come tali. È come se ci fosse qualcosa di sbagliato, di mancante - perché sono io a essere cambiata, dopo questa storia, ad aver lasciato indietro una parte di me».

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