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SSS - Scuole Specializzate SuperioriLa pandemia vista con gli occhi di un soccorritore

12.07.21 - 08:00
Il racconto di Filippo, studente SSSCI
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La pandemia vista con gli occhi di un soccorritore
Il racconto di Filippo, studente SSSCI

Il soccorritore diplomato SSS: una professione coinvolgente, in grado di metterci quotidianamente al confronto con noi stessi. Costruita su un triennio di formazione superiore di livello terziario presso la Scuola superiore specializzata in cure infermieristiche (SSSCI), alterna l’attività scolastica a diversi stage in ambito ospedaliero e naturalmente preospedaliero. La professione è un condensato di abilità e competenze strategiche, tecniche, scientifiche, cliniche e soprattutto emozionali legate a un ambiente di cura straordinariamente variato e imprevedibile che si sviluppa in ogni luogo in cui l’uomo vive, lavora, gioca, si incontra. Per meglio farvi capire cos’è questa professione e il suo percorso formativo ora lasciamo parlare Filippo, un nostro allievo che sta per concludere il proprio percorso formativo in un momento segnato dalla pandemia Covid 19.

 


È il 12 gennaio 2020. L’Organizzazione Mondiale della Sanità annuncia la comparsa di una nuova infezione polmonare causata da un virus ancora sconosciuto. Di questo virus si conosce solo la famiglia di appartenenza, quella dei Coronavirus, e che si sta diffondendo sempre più nella regione di Wuhan, Cina. Il problema sembra essere lontano, astratto, sembra impossibile che questo pericolo si possa insinuare alle nostre latitudini. Ma presto abbiamo compreso che forse ci sbagliavamo.

Improvvisamente tutto cambia quando nella vicina penisola, il 20 febbraio 2020, vengono confermati sedici casi positivi al virus. Inizia a diffondersi nell’aria la paura e la preoccupazione. Il problema non è forse così lontano come si pensava, anzi.

Dal Dipartimento della Sanità e Socialità viene emanato un rinforzo delle modalità di presa a carico per pazienti infetti, o sospettati di esserlo, dal Coronavirus. Il mondo sanitario inizia a tremare, il personale comincia a domandarsi cosa stia succedendo, si affermano i dubbi e aumentano i timori.

Da qui si comincia: il nostro mondo verrà inesorabilmente modificato. Vengono introdotte le prime misure di protezione, rivolte soprattutto a tutti coloro che lavorano nell’ambito sanitario.

Anche nelle ambulanze arrivano le prime direttive straordinarie, che diventeranno presto la regola per qualsiasi intervento: camice di protezione, mascherina protettiva modello FPP2, guanti e occhiali di protezione, procedure di vestizione e svestizione, modalità di decontaminazione dei materiali e dei veicoli, e molto altro ancora.

Se prima tutto ciò ci era sembrato poco tangibile, ecco che ora ci si rende sempre più conto della gravità della situazione. Da qui in poi bisognerà fronteggiare scelte altalenanti, strategie incostanti, limitazioni severe, abitudini mutate e relazioni interpersonali messe a dura prova.

Man mano che il virus si diffonde e i casi aumentano, le misure di prevenzione al contagio vengono rinforzate sempre più: oltre ai dispositivi di protezione su ogni tipologia d'intervento, viene introdotta una strategia particolareggiata sia per i casi sospetti sia per quelli confermati. Ciò rappresenta per noi un cambiamento di paradigma, uno stravolgimento sulla nostra modalità di affrontare e gestire l’intervento, una difficoltà immensa nel relazionarci con i nostri pazienti costretti fra mascherine che rendono la respirazione affannosa anche per noi e occhiali che si appannano e ci impediscono di cercare lo sguardo a volte impaurito del nostro paziente. Non è evidente quando all’arrivo sull’intervento si scinde in due il nostro piccolo team e un soccorritore entra da solo in casa del paziente per evitare l’esposizione di entrambi i professionisti al potenziale contagio. L’idea di essere confrontati con una situazione sconosciuta in totale solitudine mette un senso di preoccupazione e disagio che pone in difficoltà anche i soccorritori più esperti.

Non sappiamo mai a cosa andiamo in contro, alle volte può essere un nonnulla, altre l’esatto opposto. La pandemia ci ha imposto la condizione di ampliare ancora di più la nostra capacità di adattamento e flessibilità. Ci ha messo in ginocchio, ma ci ha insegnato ancor meglio l’immenso valore di un gesto, di una parola, di uno sguardo quando dall’altra parte qualcuno ci chiede aiuto.

In tutto questo la Scuola Specializzata Superiore in Cure Infermieristiche rappresenta la palestra in cui allenare quotidianamente non solo le abilità tecniche ma anche la capacità di misurarsi con la realtà in tutte le sue manifestazioni. Essere soccorritori/trici dipl.SS: una straordinaria professione di cura, nella quale spesso siamo i primi ad arrivare ed essere presenti con il nostro paziente quando egli si sente più vulnerabile. Questo è anche il mandato della nostra scuola: preparare i nostri allievi ad affrontare gli scenari più complessi, a riuscire a gestire la propria dimensione emotiva non solo per mantenere la necessaria lucidità ma anche per saper cogliere le sfumature più sottili all’interno di una relazione di cura. E..a prepararli a una pandemia, che nessuno di noi avrebbe immaginato in questi termini. Ma come conclude il proprio pensiero Filippo, anche noi come scuola possiamo dire che tutto questo ci ha insegnato ancora una volta che ciò può e deve essere fatto mantenendo ben ferma la dimensione dei nostri valori etici e morali, valori propri di chi fa di questa una scelta di vita prima ancora che professionale. 


Scuola: Scuola specializzata superiore in cure infermieristiche (SSSCI) del Centro Professionale Sociosanitario Infermieristico

Luogo: Lugano e Bellinzona

Formazione continua: corsi professionali certificati (breve, media, lunga durata)

Per maggiori informazioni: http://www.cpsbellinzona.ti.ch

Tel: +41 91 814 01 61

 

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