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SVIZZERATaimashoe, improvvisazioni e sperimentazioni da Zurigo

05.12.18 - 06:00
Pubblicato lo scorso 14 ottobre tramite l’etichetta Coffindodgers United il primo album di Taimashoe, che ha messo a punto in collaborazione con No I Don’t
Foto Jürgen Beck
Gessica Zinni, alias Taimashoe, classe 1985.
Gessica Zinni, alias Taimashoe, classe 1985.
Taimashoe, improvvisazioni e sperimentazioni da Zurigo
Pubblicato lo scorso 14 ottobre tramite l’etichetta Coffindodgers United il primo album di Taimashoe, che ha messo a punto in collaborazione con No I Don’t

di Marco Sestito

ZURIGO - Classe 1985, Gessica Zinni, alias Taimashoe, di origini abruzzesi e di base a Zurigo, è sulle scene da oltre un decennio: prima con il duo Anaheim, poi in veste solista. Aperta costantemente alle collaborazioni, prima di incominciare a sviluppare il sodalizio artistico con No I Don’t, ha lavorato, come Tie My Shoe e parallelamente ad Anaheim, con Conolk (Benjamin Fritz).

All’interno del disco - uscito in digitale e in vinile - troviamo sette tracce, da cui trabocca la purezza della sperimentazione e dell’improvvisazione sonora. Un approccio alla musica, alla composizione, così come alla costruzione della struttura di ogni brano, che va a collocarsi, come lei stessa afferma, «in un compromesso tra gospel, shoegaze, experimental noise e codeine pop». Quanto allo pseudonimo Taimashoe, spiega, «è ispirato a un momento molto divertente di uno show di Lee (Scratch) Perry)».

Gessica, come è nato il sodalizio artistico con No I Don’t?

«In occasione di un concerto a Zurigo di qualche tempo fa abbiamo suonato insieme per la prima volta…».

Cosa è cambiato nella tua musica dall’inizio della vostra collaborazione?

«Nel periodo in cui abbiamo iniziato a collaborare, mi trovavo in un momento di transizione artistica molto importante: stavo sperimentando suoni per me del tutto nuovi che dopo qualche tempo mi hanno portato a vivere e a lavorare per sei mesi a New York: a quelle latitudini ho approfondito la produzione di musica elettronica sperimentale. La collaborazione con No I Don’t, devo dire, non ha contribuito allo sviluppo di tali sonorità, ma è stato il progetto perfetto con cui realizzarle…».

Quando hai iniziato a lavorare all’album?

«I sette brani contenuti nel disco sono il risultato di frammenti sonori su cui ho lavorato come Taimashoe negli ultimi cinque anni. Le registrazioni sono state effettuate in tre giorni nei primi mesi del 2018».

Raccontami di “Hesitation Blues”, che nel disco troviamo in una versione differente rispetto a quella pubblicata su Vimeo nel 2016. 

«La nuova versione mostra perfettamente il metodo che ho descritto rispondendo alla domanda precedente: di quella prima incarnazione del pezzo, difatti, abbiamo utilizzato un singolo frammento...». 

Che vuoi dirmi dei testi, in termini generali?

«Uso il linguaggio come un parco giochi, dove l’ascoltatore trova decine e decine di parole da prendere e interpretare come meglio crede...».

Nella tracklist figura anche un pezzo in italiano, “Cosa sono io”: che vuoi dirmi al riguardo?

«Ho scritto il testo in occasione della nostra partecipazione a un evento contro un’iniziativa legata alle espulsioni. Anche i miei anni fa dall’Italia sono emigrati in Svizzera... E con la canzone ho cercato di entrare in empatia con le persone che hanno vissuto, come i miei genitori, questo tipo di situazione…».

Dove collochi le tue maggiori influenze musicali?

«In Kim Gordon (Sonic Youth), Inga Copeland, Nirvana, Townes Van Zandt e Amen Dunes».

Concerti in Ticino?

«Non per il momento. Ma nel caso, li annuncerò sulla mia pagina Bandcamp».

Guarda il video

 

 

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