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Francesca Pizzo (voce, basso) narra la genesi di “Hexagon Garden”, il terzo album di Melampus, duo che condivide con Angelo Casarrubia (chitarra, batteria, electronics)
BOLOGNA - "Nel 2011, nel momento in cui il gruppo stava prendendo forma, Angelo mi regalò un libro sulla storia della divinazione… – mi spiega Francesca nel corso di una lunga interurbana – Leggendolo, mi imbattei in Melampus, una figura della mitologia greca in grado di comprendere il linguaggio degli animali…".
Poco dopo la costituzione del combo, sempre nel 2011, Pizzo e Casarrubia mettono a punto un ep omonimo di quattro composizioni, a cui seguono gli album “Ode Road” (Locomotive Records, 2012) e “#7” (Locomotive Records, 2014): produzioni, queste, elaborate in un limbo inviolabile, new wave oriented, nutrito da nitide contaminazioni, in bilico, nei solchi di Bauhaus, Dead Can Dance, Low e Mazzy Star. “Hexagon Garden” (Riff Records/Sangue Disken/Old Bicylce, 2015) continua il medesimo percorso e, in qualche modo, lo chiude, con nove tracce ammalianti, questa volta alimentate anche da una serie di field recordings, "in particolare di un cantiere situato a pochi metri dalla nostra abitazione...".
Francesca, parliamo di una via (Ode Road), di un numero civico (#7) e di un luogo (Hexagon Garden)…
"Suddiviso nei primi due album c’è un intero percorso… Un percorso che, alla fine, ci porta a questo “giardino esagonale”... Le nove canzoni sono ambientate al suo interno..."
Una trilogia che conta tre concept album, quindi?
"Sì, potremmo leggere i tre dischi anche come tre concept... Anche se a priori, devo dire, non è mai stato stabilito…"
Il vostro quarto album sarà l’inizio di un altro progetto simile?
"Forse..."
In qualche modo dalla tua risposta deduco che c’è già del materiale…
"Lavoriamo con dei ritmi abbastanza serrati… Diciamo che ci sono alcune idee in movimento…"
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