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La casa ticineseLe case cinesi arrivano in Svizzera, e la "colpa" è di Donat Kamber

24.02.21 - 16:11
Un architetto ammaliato dalla Cina al punto da introdurre nel nostro Paese il curioso progetto delle tiny house
Freepik / wirestock
Le case cinesi arrivano in Svizzera, e la "colpa" è di Donat Kamber
Un architetto ammaliato dalla Cina al punto da introdurre nel nostro Paese il curioso progetto delle tiny house

La popolazione svizzera si concentra soprattutto nelle case con più appartamenti, dal momento che circa il 70% degli abitanti della Confederazione, come rivelano gli studi di settore, non può permettersi un’abitazione unifamiliare, sebbene i prezzi siano in timida decrescita. Ma negli anni Sessanta, la loro presenza sul territorio elvetico si è comunque percepita sempre di più, tanto che attualmente, soprattutto nelle campagne, il 60% delle costruzioni sono edifici unifamiliari. L’Ufficio Federale di Statistica rivela che questi ultimi sono stati i più richiesti nelle contrattazioni immobiliari, anche se tra gli addetti ai lavori suscitano alcune polemiche che riguardano la sproporzionata occupazione di suolo e l’elevato impatto sulla mobilità.

Non solo: alla tradizionale struttura delle ampie abitazioni svizzere nel corso degli anni si sono sostituiti o comunque integrati modelli architettonici “forestieri”, in cui spazi e stili si sono mischiati per adeguarsi ai tempi o semplicemente per essere più originali.

Nel processo di mutamento strutturale delle case svizzere, un ruolo peculiare lo ha avuto l’architetto Donat Kamber, uno dei primi nostri connazionali a sfruttare la possibilità di visitare la Cina da solo a partire dal 1985, anno in cui appunto il Paese asiatico diede a tutti la possibilità di entrare nei propri confini, pur non essendo in compagnia. Fotografo amatoriale oltre che architetto, Kamber attraversò per diversi mesi varie zone della Cina, come la Mongolia Interna, l’isola di Haiman, il bacino del Tarim, il Laos e il Myanmar. Luoghi fisicamente e culturalmente così lontani da noi da aver stregato non solamente per i suoi scatti, ma il suo concetto di design. Infatti, egli fu incuriosito anche dalle abitazioni di quei popoli, e principalmente dalle piccole dimensioni delle case cinesi e dal loro sviluppo verso l’alto. Ripercorriamo le tappe del suo stravagante progetto architettonico.

    • Rientrato in patria, dal 2001 decise di concretizzare le sensazioni che quelle strane abitazioni impressero nella sua mente. Così, insieme ai fratelli, costruì su un terreno di famiglia nel cantone di Basilea Campagna quattro case unifamiliari di tre piani, ciascuna con un solo locale, i cui orientamento ed esterni erano una “fotocopia” di quelle che aveva potuto osservare durante i suoi viaggi in Cina, con un’ampia vetrata rivolta a Sud e un grande giardino che arriva sino all’edificio confinante. Un modello che in Svizzera non era mai stato eseguito prima e che, in effetti, suscitò qualche ritrosia nelle banche.

    • Gli istituti di credito furono piuttosto stravolti da queste tiny house” piccole e minimaliste e, comprensibilmente, richiesero che una società immobiliare stilasse una perizia per decidere se realmente questi immobili in Svizzera potessero avere mercato; il rischio che rimanessero solo delle sperimentazioni fallimentari era abbastanza alto. Malgrado ciò, alla fine le banche diedero il proprio consenso. I problemi, però, non tardarono ad arrivare. In principio, Kamber riuscì ad affittare quelle case, ma già dopo pochi anni lo scenario mutò: a causa del calo dell'immigrazione e del trasferimento massiccio della popolazione verso i centri urbani, la domanda calò. Secondo l’architetto, inoltre, gli svizzeri erano più a loro agio in contesti abitativi più “lussuosi” e di prima occupazione.

    • Le case di Kamber furono messe in piedi in una settimana mediante prefabbricati di legno, al costo di 350.000 franchi complessivi per unità, al quale si aggiunse il valore del terreno (150.000 franchi): prezzi abbastanza a buon mercato per un edificio unifamiliare in Svizzera. L'affitto è di circa 2.500 franchi al mese, e ogni abitazione possiede un solo bagno, una cucina e una cantina.

In sostanza, adesso le tiny house hanno fatto un po’ di fatica a diffondersi su larga scala nel nostro territorio, perché non sono molto più economiche delle altre abitazioni e serve tanto spazio per una casa ridotta. Ma è sicuramente ammirevole il coraggio di questo architetto che sta tentando di unire due mondi estremamente diversi, nel segno di una nuova visione architettonica che tenga conto delle altre culture e dei gusti degli svizzeri che desiderano “uscire dagli schemi” e avere un ambiente casalingo più estroso e aderente ai propri orizzonti allargati.

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