Pur considerando la sua efficacia quasi totale nella copertura di diradamenti da alopecia e calvizie, il trapianto di capelli resta a tutti gli effetti un minuzioso intervento chirurgico, che può portare a effetti collaterali, che regalano ai pazienti risultati poco soddisfacenti. Trapianto capelli andato male: come comportarsi.
Perché un trapianto di capelli può andare male
Il trapianto di capelli resta sicuramente una delle strategie più gettonate e di successo per la cura dei diradamenti.
Ricordando l’importanza di rivolgersi sempre a cliniche e medici specializzati, prima di sottoporsi a un simile intervento, è comunque possibile che, anche di fronte alla migliore professionalità, l’iter di autotrapianto della chioma possa non dare gli effetti sperati sul recupero della stessa.
Ecco per quali ragioni
Come riconoscere un trapiantodi capelli andato male?
In realtà è piuttosto semplice comprendere quando un intervento di autotrapianto capelli non ha sortito gli effetti sperati.
In primis, l’immagine allo specchio non è quella desiderata e, dopo gli opportuni mesi di ripresa dall’intervento - che servono ai follicoli piliferi trapiantati per ben attecchire e riprendere la fase anagen - i diradamenti sono ancora evidenti, con i capelli che non ricrescono oppure lo fanno in maniera debole.
Vi possono inoltre essere visibili cicatrici o cisti, un evidente danneggiamento della zona donatrice, la formazione di un’infezione che in realtà non dovrebbe esserci. Ma è sintomo di un trapianto di capelli andato male, anche un’attaccatura innaturale, spesso pena di un cattivo e non preciso disegno della linea frontale.
Trapianto di capelli non soddisfacente: come comportarsi
Se per uno o più motivi tra quelli sopra elencati, il trapianto di capelli cui ci si è sottoposti, non ha dato i risultati sperati, ecco come intervenire per correggere e minimizzare i suoi effetti non soddisfacenti.
Sottoporsi a un secondo trapianto di capelli di tipologia correttiva
Lo si può tuttavia fare ad almeno un anno dal primo intervento, se non vi sono infiammazioni del cuoio capelluto in corso (che devono prima essere necessariamente curate) ma,
soprattutto, se vi è ulteriore disponibilità di bulbi piliferi sani per l’estrazione da area donatrice. È metodo che permette di correggere anche trapianti irregolari e poco naturali.
Assunzione di farmaci anticaduta e pro-infoltimento
Solo su prescrizione medica, affiancare al trapianto di capelli, in piena convalescenza, l’assunzione di farmaci per stimolare la ricrescita dei capelli e la funzionalità dei follicoli piliferi. È il caso di Minoxidil e Finasteride.
Coprire il disagio estetico con interventi alternativi
Come tricopigmentazione, parrucche a imitare i veri capelli.
Affidarsi alla Medicina Rigenerativa capelli
Accanto al tradizionale metodo PRP, arriva oggi l’innovativo Protocollo bSBS Inclusivo e Multidisciplinare di HairClinic. A differenza di un comune trapianto di capelli, non resta fine a se stesso ma guarda alle differenti forme di calvizie e di alopecia in modo completo, cercando di risolverle alla base, tramite un metodo attentamente studiato e strutturato. Suddiviso in 5 differenti fasi d’intervento, utilizza oltre 16 tecnologie innovative, che limitano l’infiammazione del cuoio capelluto e nutrono al meglio i follicoli improduttivi, per risvegliarli e farli tornare alla loro piena attività. Può essere utilizzato prima o dopo il trapianto di capelli, per potenziarne l’efficacia.
È tuttavia opportuno considerare che, prima di urlare al trapianto capelli andato male, è necessario lasciare trascorrere il giusto tempo dall’intervento, per il pieno attecchimento dei follicoli piliferi innestati e la ripresa del normale ciclo di vita del capello, che riparte dalla fase anagen. Saranno quindi necessari almeno 2/3 mesi per vedere i primi miglioramenti, che puntano a essere di certo più apprezzabili dopo 8 mesi/1 anno dall’operazione.