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AvanTIUn nuovo chip di plastica flessibile per “l’Internet of Everything”

17.11.21 - 08:00
Realizzato il primo processore non in silicio che potrebbe aggiungere funzionalità di elaborazione a qualsiasi prodotto.
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Un nuovo chip di plastica flessibile per “l’Internet of Everything”
Realizzato il primo processore non in silicio che potrebbe aggiungere funzionalità di elaborazione a qualsiasi prodotto.

Dopo l’Internet of Thing (IoT) potrebbe essere la volta dell’Internet of Everything. Tale espressione è stata coniata da Arm Research che, in collaborazione con PragmatIC, ha realizzato il primo prototipo al mondo di un chip non basato sul silicio, come è stato negli ultimi 50 anni, ma fatto di plastica flessibile. Il nuovo processore si chiama PlasticArm e permette di aggiungere un computer, o meglio una funzionalità di elaborazione, a qualsiasi prodotto, compresi imballaggi, oggetti di carta e cartone o medicinali.

Esistono già dei prototipi di sensori, memorie o diodi che sono flessibili, ma finora non c’era un processore che avesse questa caratteristica e che potesse seguire la natura degli altri componenti. Arm Research e PragmatIC collaborano dal 2013 per esplorare appunto la fattibilità di un processore flessibile basato su Arm e oggi, finalmente, dalla loro ricerca pubblicata anche su Nature è scaturito un processore SoC Arm flessibile e funzionante.

Nello specifico, PlasticArm è un single-core Cortex-M0 a 32 bit in grado di funzionare a circa 20 kilohertz, ROM da 456 byte e 128 byte di RAM. Si tratta certo di pochissima potenza e pochissima memoria, ma essendo circa dodici volte più complesso del precedente stato dell’elettronica flessibile è pur sempre il chip flessibile più potente disponibile finora. L’aspetto interessante è che il processore è fabbricato usando una linea di produzione commerciale “fab-in-a-box”, quindi la sua produzione in scala ha già tutte le tecnologie necessarie per poter essere attivata.

Al momento PlasticArm presenta ancora dei limiti. Il core, ad esempio, è 59,2 mm quadrati (7.536 mm x 7.856 mm), cioè circa 1.500 volte le dimensioni di un chip standard per l’IoT, e consuma decisamente molto rispetto al necessario. Inoltre, il prototipo deve essere programmato in fase di produzione e non può essere modificato successivamente, anche se ciò potrebbe essere possibile in implementazioni future, per esempio tramite ROM programmabili.

Oltre alla capacità di piegarsi in tutte le direzioni senza rompersi, il prezzo di questo chip sarebbe sufficientemente ridotto da consentire l’integrazione in prodotti usa e getta. Il produttore di microprocessori, infatti, immagina un futuro in cui computer flessibili ed economici potrebbero invadere la nostra vita quotidiana, integrandosi con più di un miliardo di oggetti nel prossimo decennio. «Quando i microprocessori a bassissimo costo diventeranno commerciabili, si apriranno tutti i tipi di mercati con interessanti casi d’uso come sensori intelligenti, etichette intelligenti e imballaggi intelligenti», ha dichiarato John Biggs, ingegnere di Arm Research.

«I prodotti che utilizzano questi dispositivi potrebbero aiutare la sostenibilità riducendo lo spreco di cibo e promuovere l’economia circolare con il monitoraggio intelligente del ciclo di vita. Personalmente, penso che il più grande impatto potrebbe essere nella sanità. Questa tecnologia si presta davvero a costruire sistemi intelligenti monouso di monitoraggio della salute che possono essere applicati direttamente sulla pelle», ha spiegato Biggs.

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