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REGNO UNITOSempre peggio il commercio al dettaglio britannico

11.06.18 - 17:02
A rischiare di andare con le gambe all'aria sarebbe anche la rete di negozi "tutto a..." Poundworld
Sempre peggio il commercio al dettaglio britannico
A rischiare di andare con le gambe all'aria sarebbe anche la rete di negozi "tutto a..." Poundworld

LONDRA -  Continua a mietere vittime la crisi del commercio al dettaglio in Gran Bretagna, senza risparmiare catene storiche del retail. L'ultimo caso è quello di Poundworld, rete di grandi magazzini super discount - all'insegna del 'tutto a una sterlina' o quasi - costretta oggi a presentare in tribunale le carte per la procedura di amministratore controllata dopo il fallimento dei negoziati per un salvataggio in extremis col potenziale compratore R Capital.

Si tratta d'un passo che mette 5100 posti di lavoro a rischio, stima la Bbc, per una realtà di cui fanno parte 355 punti vendita in giro per il Regno Unito (incluso il marchio Bargain Buys) e che pure mantiene un flusso medio di 2 milioni di clienti alla settimana. Non abbastanza tuttavia per sostenere il combinato disposto dei contraccolpi di una concorrenza feroce che non sempre rappresenta la panacea, del boom delle vendite online e di un certo rallentamento dei consumi alimentato dalla ripresa dell'inflazione (complici le paure della Brexit) oltre che da un contesto di accentuato divario sociale che oltremanica pare allargarsi invece di restringersi.

Sui media se ne parla ormai come di un fenomeno, se non di un flagello: quello della "crisi di High Street", dal nome dato tradizionalmente alle strade dei negozi in ciascun municipio dell'isola.

Poundworld rappresenta solo l'ultimo capitolo: fondata nel 2004 da Chris Edwards la catena ha iniziato ad avere problemi 4-5 anni fa, anche sotto la pressione competitiva di altri net di commercio a bassissimo costo come Poundstretcher e Poundland. Ma è nell'ultimo biennio che i conti sono sprofondati stabilmente in rosso fino a perdite complessive per 22,5 milioni di sterline. Ora la mano passa a Deloitte, chiamata a gestire la l'amministrazione controllata, che per bocca della manager Clare Boardman esclude al momento il ricorso immediato alla chiusura di punti vendita e ai licenziamenti di fronte al collasso, confidando ancora in una prospettiva di stabilizzazione per trovare qualche acquirente: almeno "per una parte" del business.

Ma i precedenti, un po' in ogni settore del british retail, non confortano. È di pochi giorni fa l'annuncio del taglio di 31 dei 59 negozi della storica catena House of Fraser (commercio di qualità), dopo le analoghe ristrutturazioni lacrime e sangue di altri brand come Mothercare, Carpetright o - nella ristorazione - di Carluccio's, pioniere del cibo italian style sull'isola. Mentre la grande distribuzione punta sulle fusioni 'difensive' (in ballo c'è ora quella fra Sainsbury e Asda, gruppo Walmart). Senza dimenticare chi ha già chiuso i battenti tout court, mandando migliaia di persone a casa: solo quest'anno Maplin (elettronica) e Toys 'R' Us (giocattoli).

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COMMENTI
 

nordico 5 anni fa su tio
Anche qui da noi i venditori non navigano nell'oro. Basta guardare la quantità di furgoni che fanno le consegne a domicilio di merce acquistata on-line. Qualcuno ci lascerà sicuramente le penne. Poi ci saranno coloro che se la prendono con internet se le vetrine diventano cieche, magari proprio quelli che comandano tramite PC.
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