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CANTONECome sopravvivere in via Nassa: il segreto è metterci la faccia

04.06.18 - 06:02
L'idea di Lara e Alberto, testimonial imperfetti dei loro abiti assieme ai clienti che si prestano a fare da modelli sui social
Come sopravvivere in via Nassa: il segreto è metterci la faccia
L'idea di Lara e Alberto, testimonial imperfetti dei loro abiti assieme ai clienti che si prestano a fare da modelli sui social

LUGANO - Lara che aspetta il primo raggio di sole, poi si precipita sul lungolago con indosso uno dei capi del negozio. Alberto che fa un po' il ritroso, ma cede infine; si prepara e sceglie una posa. Capita, ogni tanto. Qualcuno entra e non guarda, non tocca come si presume da un cliente. Chiede, sicuro. Quel vestito, quello nero, che ha già visto su di lei, online, in fotografia. 

Una pubblicità anche per Lugano - Lo scatto più recente è dell'inizio della scorsa settimana, maglione verde e pantaloni a righe sottili. Sullo sfondo una Lugano che invoca tregua alla pioggia; in primo piano «due ragazzini di 45 e 47 anni», che a lungo sono stati il volto di Mc Kenzy in Ticino. Bellinzona nel 2002, a seguire via Bossi e via Nassa a Lugano. Locarno. Ascona. Sei punti vendita, nel periodo d'oro. «Le vicissitudini del commercio poi sono note a tutti», sospira Lara. Periodi di magra. Chiusure. Addii. Fino a che è toccato pure a loro. «Lo scorso anno è finita la nostra storia con il marchio. Eravamo una società, non un franchising. E i soci hanno deciso di rinunciare. Gli andamenti non erano più quelli di una volta».

Piccoli e sconosciuti, accanto ai grandi brand - Ad Alberto Meneghetti e sua moglie Lara restavano due cose da fare. Convenire che con l'abbigliamento non c'era certezza né futuro, cambiare vita. Provare a "vendersi" a un altro grosso nome ancora interessato alla piazza. Invece hanno sparigliato le carte, diventando un brand sconosciuto nella via Nassa dei marchi blasonati. Come si fa a pensare di poter stare al fianco dei grandi senza esserne fagocitati, ignorati da una clientela snob in cerca di garanzie e lustro da sfoggiare? Semplice come dirlo mentre lo si fa: «Ci si racconta».

Il negozio dove decide la gente - La prima storia è negli scatti. Niente modelli dai corpi perfetti, luce impeccabile e inquadratura da professionisti: per presentare la loro collezione, made in Italy inventata da un giorno con l'altro sulla base delle suggestioni raccolte fra la gente, si mettono in posa loro stessi, con le loro taglie non più snelle e lo smartphone nella mano. Ed ecco Mea, il negozio del cliente: che suggerisce il taglio della prossima camicia, che si fa un selfie con il cardigan appena comprato, che si presta a mostrarsi su Facebook e Instagram, testimonial per scelta e per caso. Che varca la soglia anche solo per bere un caffè di passaggio, come farebbe a casa di un amico. 

Il paradosso di una vocazione social - Lara posta via via sui social: paradosso di una linea di condotta che usa internet e la tecnologia ma subito si smarca, puntando sul rapporto reale. Ecco perché hanno deciso, anzitutto, di metterci la faccia. «L'idea è: "Conoscete noi, fidatevi di noi". All'inizio sì, ci sentivamo un po' in imbarazzo a fare i modelli». C'era anche la paura di farsi un danno, penalizzare il prodotto nascente con silhouette non all'altezza. «Il dubbio è sempre dietro l'angolo - ammette Lara - Ma in questo momento riteniamo sia più importante la relazione con gli altri del vestito».

Questa è una boutique, non un computer - Sul bancone un'orchidea bianca, cioccolatini, dolci della pasticceria accanto. «Entro, pago ed esco: questo lo si può fare anche davanti al pc. Noi vogliamo che l'acquisto sia un'esperienza». Ed ecco l'altra parte del racconto, che si fa invece usando le parole. «Alle persone che entrano parlo di noi, di come siamo nati. E aspetto che loro facciano altrettanto. È fondamentale, per provare a dare loro ciò che non trovano altrove. Anche le prossime collezioni nasceranno così. Non è il nostro gusto, è il loro». 

Che paura. Non sarà stato un azzardo? - Facebook, newsletter, sms per chi non si destreggia col computer. E in via Nassa 38 c'è sempre un cellulare dove vedere sul momento come quell'abito cade sulla figura di una cosiddetta persona normale. «A chi è titubante mostro come stava su di me o su Alberto». Un uomo e una donna che hanno provato a reinventarsi, a studiare la formula per sopravvivere a se stessi. Serve coraggio: «Tanto. In alcuni momenti ci guardiamo e ci chiediamo ancora se non sia stato un azzardo».

 

 

 

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COMMENTI
 

Evry 5 anni fa su tio
Si la faccia tosta di certi affittuari....
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