Gastrosuisse segna risultati finalmente positivi (+5,6). Qui invece si soffre ancora: colpa di lavoro precario, pause pranzo abolite e anche dell'incognita meteo
LUGANO - C'è chi, ritemprato da numeri finalmente e nuovamente positivi, già parla di «luce in fondo al tunnel». Non qui. «Qui si lotta», sospira e ammette Massimo Suter, presidente di GastroTicino. Gastrosuisse annuncia che «dopo anni difficili, finalmente arrivano i primi segnali di un'inversione di tendenza»: fatturati di 23,6 miliardi di franchi nel 2017, +5,6%. GastroTicino si limita a gioire per gli altri. «Questi numeri non li posso trasportare qui».
Non resta che sperare nell'euro - Per un attimo ci si era illusi che potesse essere stato stravolto tutto in pochi mesi: da quando, era solo l'estate scorsa, nei ristoranti ticinesi si lamentava un calo del 40% degli introiti, soprattutto causa pausa pranzo rinnegata e ripieghi come supermercati e pasti preparati nella solitudine della propria cucina. Da allora, è vero, qualcosa volge in meglio: l'euro, per esempio. E i dieci centesimi di franco in più. «Speriamo nell'euro favorevole, così da recuperare il terreno perso negli ultimi due anni. L'attrattività oltreconfine oggi è minore».
Il "rischio" di mangiare fuori - Resta il fatto, pur scontato, che «quello di Gastrosuisse è un risultato globale, dove grandi città come Zurigo, Ginevra, Berna attraggono più della periferia e rimediano ai risultati negativi di un cantone più piccolo e di confine». Proprio tutta colpa del cambio? Certo che no. Semmai, riflette Suter, di «un cambio di abitudini», dove l'attenzione alla salute spinge a evitare di mangiare di corsa fuori casa, in ristoranti che magari abbassano la qualità per abbassare insieme i prezzi.
Il futuro: puntare sui prodotti locali - Eccola dunque la strada, tracciata dai consumatori stessi: km zero, cibi cucinati come a casa. «Notiamo il successo dei locali che lavorano con prodotti locali o stagionali. Oggi il cliente sa quello che vuole. Preferisce magari uscire una volta di meno, ma a certe condizioni. Noi avevamo già il label "Ticino a tavola", poi abbiamo introdotto "Fatto in casa" : la gente dimostra di apprezzarli».
Il turismo aiuta... o forse no - L'incognita resta la meteo. «Non è meteorofobia, è una realtà. Siamo un cantone a vocazione turistica, viviamo dell'afflusso di persone e siamo più esposti a fattori esterni come il tempo. Per questo i primi quattro mesi del 2018 sono stati deleteri».
Maledetto part-time, in aumento - Poi, non è per tornare alla solita crisi e le difficoltà d'impiego, ma «gli orari di lavoro ridotti (in incremento, ndr) non aiutano. Chi fa un 70-80 per cento spesso non pranza fuori casa. Chi lavora quattro giorni alla settimana invece di cinque, chi fa pausa ridotta per andarsene via prima...»: e il conto è servito. Il pranzo invece no.