Ne sono convinti gli analisti che puntualizzano: «Al giorno d'oggi nessuno ha voglia di spendere così tanto per sentire della musica»
STOCCOLMA - L'anno prossimo Spotify, leader mondiale dello streaming, esordirà in borsa. Se andrà bene oppure male dipende molto dalle sue "condizioni di salute" il giorno che verrà "picchiato il martelletto". Attualmente, come sappiamo bene, l'azienda svedese è tutt'altro che un buon partito: le perdite sono sempre notevoli (un buco di 184 milioni dollari a maggio 2016), malgrado i profitti in crescita (+80% a 1,9 miliardi di dollari) così come il numero di iscritti.
Come fare a risollevare le sorti della compagnia ed entrare, per la prima volta, nelle cifre nere? Secondo diversi analisti Spotify dovrebbe mollare l'attuale sistema di abbonamenti da più di 10 dollari (da noi si parte da 12,95 fr.) in favore di qualcosa di più differenziato (e meno caro).
Il motivo? Stando a Bloomberg al giorno d'oggi nessuno (o meglio solo una sparuta minoranza) ha voglia di spendere più di 10 "carte" al mese per la musica: «Sono numeri vetusti, una reliquia dell'epoca del cd», conferma il portale di news finanziarie.
Quale potrebbe essere una strategia viabile? Innanzitutto abbonamenti specifici per varie fasce di età e stili musicali a partire da 4 dollari (circa 3,80 fr.). Con i melomani, invece, si potrebbe puntare più in alto (19.90 $) con proposte "deluxe" a qualità streaming più elevata e altre chicche.
Per far questo dovrebbe far valere di più il proprio "peso" come principale attore dello streaming al mondo con i partner - leggasi: le case discografiche - rinegoziando i termini (attualmente abbastanza pesanti) legati ai diritti. Attualmente, infatti, Spotify gira il 70% delle sue entrate direttamente alle suddette.
E voi? Utilizzate Spotify? Versione gratuita o premium? Lo reputate troppo caro?
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