The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia i marchi messi sotto accusa
ROMA - Sostanze chimiche dannose per la salute e l'ambiente sono state trovate nei prodotti dei maggiori marchi per la vita e lo sport all'aperto. Abbigliamento ma anche in scarpe, tende, zaini, corde e perfino sacchi a pelo hanno rivelato elevate concentrazioni di acido perfluoroottanoico (PFOA), un composto perfluorurato (PFC) a catena lunga collegato a numerose patologie e malattie gravi come il cancro.
A puntare il dito contro questo agente altamente inquinante è Greenpeace che oggi, nel corso dell'ISPO Monaco (la maggiore fiera del settore outdoor in Europa) ha presentato il rapporto "Tracce nascoste nell'outdoor".
The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia i marchi messi sotto accusa perché continuano a usare PFC per impermeabilizzare i loro prodotti nonostante - si legge nel documento - "si dichiarino a parole sostenibili e amanti della natura". Greenpeace ha analizzato 40 prodotti, votati nei mesi scorsi dagli appassionati di tutto il mondo sul sito web dedicato, trovandovi PFC in elevate concentrazioni nel 90% dei casi. Solo in 4 prodotti (10%) non sono stati rilevati PFC, "dimostrazione del fatto - dichiarano - che solo poche aziende si stanno muovendo nella direzione giusta".
"Questa sostanza - afferma Giuseppe Ungherese, campagna inquinamento di Greenpeace Italia - è già sottoposta a severe limitazioni in Norvegia. I PFC sono composti chimici che non esistono in natura. Una volta rilasciati nell'ambiente si degradano molto lentamente ed entrano nella catena alimentare, causando una contaminazione pressoché irreversibile. Sono stati trovati perfino nelle aree più remote del pianeta, in animali come delfini e orsi polari e nel sangue umano".
E concludono: "negli ultimi anni molti marchi dell'outdoor hanno abbandonato i PFC a catena lunga a favore di quelli a catena corta, sostenendo che fossero un'alternativa meno dannosa. Eppure, recentemente, più di 200 scienziati da 38 Paesi hanno firmato la Dichiarazione di Madrid che raccomanda di evitare l'uso di tutti i PFC, inclusi quelli a catena corta, nella produzione dei beni di consumo".