Città isolata, commercio e turismo sospesi, 55mila posti di lavoro a rischio: così il ponte crollato rischia di "bruciare" altre vite
GENOVA - Non c'è solo la vita e la morte, nel disastro di Genova; non solo la tragedia e il dolore che si sfogano nelle voci e nelle immagini. Ci sono drammi più piccoli, che si consumano lenti e non meno devastanti, fra chi non c'era ma ora rischia di pagare prezzi cari. Ci sono le persone senza più una casa, quelle che rischiano di perdere il lavoro, e di logorarsi in silenzio dentro la propria disgrazia che, adesso, è considerata ancora una fortuna.
Tutti che si chiamano «miracolati», in quel di Genova, perché non erano lì in quel preciso istante, nel punto dove passavano più volte al giorno. Ma l'economia ora è in ginocchio. Non solo la Borsa, dove Atlantia, holding che controllo Autostrade per l'Italia, va a picco bruciando quattrini e modesti risparmi: oltre alle azioni, -25%, perdono anche le obbligazioni, fra -4% e -6,7%. In secondo piano, ingiustamente, la città è spaccata in due. Isolata: con conseguenze per il commercio, il turismo, la cantieristica che si ripercuoteranno a breve sugli uomini.
La stima è di 55mila posti di lavoro in pericolo. Gli operatori del porto hanno deciso di tenere aperti i terminal di notte, pur di lavorare almeno un po' quando la gente dorme e dimentica, per non gravare troppo su una comunità già alle prese con altri problemi. S'insinua anche lo spettro degli allagamenti, cui Genova non è nuova, a causa della diga artificiale creata dai detriti che impedisce il normale corso del torrente. Ma non c'è niente da fare, adesso: lì sotto si cercano ancora degli uomini.