Un tabù, ma in America la situazione sta cambiando e pare non generi più discriminazioni. A quando, qui?
LUGANO/NEW YORK - Immaginate di dovervi presentare a un colloquio di lavoro. Qualunque sia l'impiego ambito, bancario o commesso, cameriere o manager, probabile che terrete ben nascosto sotto la camicia il tatuaggio che dall'avambraccio si allunga verso il polso: per fare buona impressione, almeno la prima. Poi, buona fortuna.
La paura di venite giudicati, e in questo modo perdere opportunità professionali, è ancora grande; e spesso tutt'altro che infondata. Eppure, qualcosa pare proprio stia cominciando a cambiare. Non in Giappone, dove addirittura nella maggior parte delle piscine permane il divieto d'ingresso, a meno di riuscire a coprire i tatuaggi con un cerotto. Ma negli Usa iniziano addirittura a venire apprezzati; tanto che non solo il 40% dei giovani li sfoggia, ma anche il 20% degli adulti.
Secondo i ricercatori dell’Università di Miami e dalla Scuola di business dell’Università dell’Australia occidentale, i pregiudizi di cui sono stati oggetto nel mondo del lavoro stanno svanendo, specie negli Stati Uniti, dove per anni sono stati il pretesto di discriminazioni anche feroci. Adesso non più: giurano gli intervistati che il salario, almeno quello, sia identico, tatuaggio o no. Quanto a convincere il selezionatore di essere la persona giusta, auguri.