Professionisti del nulla, che svolgono attività inutili: un fenomeno in ascesa secondo l'antropologo americano David Graeber. Anche in Ticino?
NEW YORK - Meno il lavoro ha senso, più la paga è alta. Anche questa è una deriva dei tempi moderni: dove proliferano le professioni inutili, che non producono niente di concreto o di buono per l'umanità, ma solo soldi per chi li fa.
Un fenomeno sociale in rapida ascesa, secondo l'antropologo statunitense David Graeber, che nel suo libro best seller "Bullshit Jobs" - "Brutti lavori", per tradurre con un eufemismo - si dedica a chi butta la propria vita svolgendo attività che per primo considera prive di senso.
Non c'è bisogno di lavorare di fantasia. Anche un impiego nelle risorse umane, nell'amministrazione o nel telemarketing può rientrare nella categoria; anzi, il più delle volte è qui che si concentra l'inutilità sociale ed economica, osserva Graeber.
Comune denominatore: essere disprezzati da chi li svolge, nonostante sia il più delle volte consapevole di quanto sia sciocco il compito cui quotidianamente si presta. Informatizzazione e automazione non fanno che accelerare il processo, dice Graeber: ormai sono le macchine a occuparsi di quello che conta, mentre all'uomo non resta che ricavarsi nicchie discutibili.
È così che si diventa professionisti del nulla: individui senza uno scopo che si proteggono dietro lo sfoggio di una denominazione tanto bella quanto incomprensibile e vacua. Che dire, per esempio, di avvocati specializzati, consulenti di gestione o banchieri d'investimento? Per Graeber sono solo i «giullari di corte del capitalismo».
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