La soglia di 1,23, abolita tre anni fa, è sempre più vicina, ma quanto manca? Ed è solo un bene?
LUGANO - Le aziende elvetiche con mercati di riferimento fuori dai confini hanno di che gioire. Le lacrime versate tre anni fa sono un ricordo che oggi fa quasi tenerezza: la soglia di 1,23 franchi, abolita in una notte per decisione della Banca nazionale svizzera e all'epoca additata come una disgrazia, un colpo duro all'economia locale, una follia che avrebbe devastato le imprese locali, adesso è all'orizzonte.
Neppure un paio di mesi fa, il cambio era di nuovo sceso intorno a 1,16. Ieri ha toccato per la prima volta 1,19, il massimo da quel 15 gennaio 2015 che sembra preistoria.
Ubs è ottimista: in dodici mesi si arriverà a 1,22. Questione di punti di vista: la Banca cantonale di Zurigo si aspetta invece che il franco torni a 1,16 sull'euro di qui alla fine di giugno. Ecco perché, osserva Tim Sprissler, esperto di cambi di Credit Suisse, è bene porsi di volta in volta piccoli obiettivi. Il prossimo è quello di 1,20 che, dice a 20 Minuten, sarà raggiunto «a medio termine, ma non così velocemente». Conferma Daniel Kalt, Ubs: «La strada è segnata, ma ci vorrà ancora qualche settimana».
La merce venduta nell'area euro acquista dunque sempre più valore. Va da sé, invece, che comprare risulta sempre meno conveniente, e questa non è una buona notizia invece per la gente, almeno sotto un certo aspetto. Chi non considera una colpa il turismo degli acquisti vede il suo vantaggio assottigliarsi progressivamente. Diventano più costosi, poi, i beni importati: già all'inizio dell'anno, per esempio, Migros ha applicato incrementi per adeguarsi al cambio.
Quanto agli interessi negativi applicati dalle banche, il passo indietro non è così improbabile, anche se al momento si tratta di mera speculazione.