Chaberton Partners è la prima agenzia locale di "talent scout" dedicata agli altissimi profili, da Lugano verso il resto della Svizzera e del mondo
LUGANO - C'è una quotata azienda di software spagnola che presto arriverà in Svizzera. Sei uomini in tutto, quattro a Zurigo. Se gli altri due saranno a Lugano, invece che a Ginevra come inizialmente si pensava, un po' del merito è di Chaberton Partners: la prima società locale di "cacciatori di teste" di alto profilo, che dal piccolo Ticino scova professionisti d'eccellenza e li indirizzà là dove, nel mondo, più sono valorizzati.
In un anno, 180 aerei: «Basta» - «Altrimenti una fetta di Svizzera sarebbe rimasta esclusa. Gliel'abbiamo solo spiegato, reindirizzando la decisione», riflette il ceo Christian Vasino, 45 anni e venti di esperienza nel settore delle risorse umane, fra United Technologies, Iveco e Adecco con la quale dal 2005 ha fatto base a Zurigo. Si fa per dire: «Se ti occupi del personale, è dove ci sono le persone che vuoi stare. Adecco ne impiega 35mila, ma solo 300 si trovano a Zurigo. Così - ricorda - mi spostavo continuamente da una sede all'altra, per conoscerle, motivarle, studiare come essere ancora più attrattivi». L'anno record fu il 2009. «Ho preso 180 aerei. Europa, Usa, Australia, Sudamerica».
In cerca di leader - Nasce così, dalla gratificazione e la fatica, l'idea che un giorno di mezza estate mette radici in Ticino. «Prima di noi c'erano solo piccole boutique, che lavoravano solo sul territorio e con profili medi. Nessuna faceva international research, fuori dai confini cantonali e con profili dirigenziali». Per soddisfare la voglia e il bisogno di stare più vicino a moglie e figli, non c'era altro modo che offrire qualcosa di nuovo. «Mi sono detto: "Perché essere costretti a seguire il lavoro? Perché non fare qualcosa di buono qui?"».
Uffici in piazza Riforma «per dare un segnale forte» - Ecco fatto, anche se poi non è stato affatto semplice. Oggi il team è di otto persone e, a un paio di mesi dal via, ce ne sono altre che già vorrebbero far parte della squadra. «Assumere, all'inizio, non è stato facile. Adesso ci sono diversi che bussano, chiedono. È segno che qualcosa abbiamo mosso». Uffici in piazza Riforma «per dare un segnale forte: il nostro focus è il Ticino, ma con una finestra aperta sul mondo», da quando Chaberton ha cominciato - a luglio - ha ricevuto commesse di aziende ticinesi come di Zurigo o del Belgio e Scandinavia, settore Banking e Pharma anzitutto. «Al momento abbiamo venticinque posizioni aperte».
La rotta si è invertita - E altre già chiuse, con quadri e dirigenti piazzati nelle scorse settimane a società di spicco della Svizzera tedesca, in un'inversione del percorso finora consueto. «Fino a ieri era Lugano ad affidarsi a Zurigo. Adesso è Zurigo che si affida a noi per cercare i suoi uomini». Com'è possibile? «Non è questione di luoghi e di sedi, ma di credibilità. Con i profili alti serve la fiducia. E onestà professionale. A volte è indispensabile rinunciare a una transazione, se non è quella perfetta per il candidato. È così che ci si costruisce una reputazione».
È per il loro bene, «non puoi ingannarli» - Poco telefono, poca posta elettronica, tanto faccia a faccia: tramite incontri di persona, qui in Ticino, o in videoconferenza, quando l'interlocutore è all'estero. «Si captano dettagli importanti che con una chiamata tradizionale sfuggono». Come si mette l'uomo giusto al posto giusto? «Si studia il settore, si indagano i profili, si individuano quelli più adatti. Li si contatta, li si valuta». Il primo rischio è un no. «Bisogna riuscire a far capire loro perché il cambiamento, che magari in quel momento nemmeno li sfiora, è un'opportunità. Non puoi ingannarli».
Ticinesi di ritorno: non sempre "straniero è meglio" - Così c'è anche chi, dopo una carriera lontano dalla Svizzera, ritorna. «Mi è appena capitato un caso, una persona che rientra dalla Francia al Ticino come team leader». Perché sarà pur vero che la maggioranza dei ceo, nella Confederazione, è straniero; ma è falso, dice Vasino, che manchino le qualità, le capacità decisionali; che i manager vadano per forza individuati fuori dai confini. «Smentisco. Ho visto ticinesi con un livello di preparazione superiore a tutti gli altri».