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CANTONELe fabbriche diventano atelier e ritrovano posto in città

22.08.17 - 06:00
Non più luoghi unici, ma più sedi dove finalizzare e personalizzsre il prodotto. Così le nuove esigenze del consumatore cambiano l'industria e il volto urbano
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Le fabbriche diventano atelier e ritrovano posto in città
Non più luoghi unici, ma più sedi dove finalizzare e personalizzsre il prodotto. Così le nuove esigenze del consumatore cambiano l'industria e il volto urbano

LUGANO - Se ne sono andate via dalla città. Poi sempre più lontane, in Paesi che sembrano altri mondi, dove il lavoro costa meno ed essere all'altezza di restare sul mercato sembra facile. Il futuro, però, è un passo indietro. Le fabbriche sono destinate a ritornare là da dove sono venute.

Accanto a noi, grazie (anche) a web e social - Accanto a noi, che compriamo quello che producono senza che debba fare troppa strada; nel cosiddetto tessuto urbano, dove stavolta si integrano alla perfezione: perché nel frattempo la storia, le persone, il web le hanno trasformate. Ridotte a misura d'uomo. Piccoli atelier, che non stonano con l'ambiente circostante, anzi lo arricchiscono; si adeguano al volere di un cliente che le desidera sempre più «vicine», stavolta anche in senso lato, capaci di offrire quello che chiede: oggetti personalizzati.

Il futuro si discute in Ticino - «Il vecchio modello industriale non funziona più», riflette e annuncia Emanuele Carpanzano, direttore del dipartimento tecnologie innovative della Supsi e fra i relatori del primo, grande convegno dedicato alla produzione industriale in Ticino, oltre 650 accademici ed esperti chiamati a riflettere sulle prospettive a venire a Palazzo dei Congressi, fino a sabato. Quindici anni di studio e di interessi vengono ora presentati alla platea di specialisti, per dire che, «in una realtà dove la gente è sempre più informata e attenta a ciò che compra», il cambiamento è indispensabile e già in corso. Le mode, i modelli imposti sono destinati a «non venire più accettati: ciascuno vuole scegliere il suo prodotto». 

Addio mode e modelli imposti: decidiamo noi - Tendenze di consumo già in atto, grazie a nuove tecnologie, web, social network e volontà finalmente di distinguersi; di avere qualcosa che sia - se non unico - raro, nel modo esatto in cui lo si immagina. Perché «ciascuno ha esigenze differenti, anche solo a seconda di dove vive, e il produttore è chiamato a intuirle e assecondarle, a raggiungere la gente. Tutto questo sta cambiando il mondo della produzione». Che sarà sempre più locale, in senso non generalizzato ma specifico. Non svizzera, ma ticinese; anzi luganese, per chi vive a Lugano e si vedrà spuntare agli angoli micro-fabbriche che realizzano le "finiture".

Un'industria locale e su misura - Impensabile, fino a qualche anno fa; ma possibile, oggi, grazie alle «tecnologie a supporto. Se oggi vogliamo un armadio, per esempio, abbiamo tre possibilità: acquistarlo in un negozio così com'è, commissionarlo a un artigiano come lo si desidera oppure comprare moduli componibili, ma anche in questo caso già predefiniti. In futuro, grazie alla diffusione di nuovi macchinari a prezzi via via più accessibili, si potranno invece ordinare su misura. Il pannello verrà tagliato sul posto, adatto alla parete della propria casa».

Il ritorno degli artigiani - Colori, forme, dimensioni: tutto ancora da decidere, insieme, dentro a un'industria in cui la fase ultimissima coinvolge il consumatore. Anche l'artigiano, volto più poetico del medesimo concetto, «tornerà di moda, ma integrerà la tecnologia nelle botteghe», così da essere competitivo senza rinunciare alla qualità.

Basta delocalizzare: è controproducente - E la delocalizzazione che oggi sembra tanto inevitabile? Il fatto è che «il modello odierno è poco efficiente. Se invece produco qui giusto ciò che mi serve, il modello si snellisce, diventa sostenibile. E il consumatore è più soddisfatto. Un consumatore soddisfatto è disposto anche a pagare il prezzo giusto».

La creatività incontra il passato - Ma c'è tutto questo spazio, nelle nostre città? «C'è, si tratterà di atelier». E le grosse fabbriche tradizionali? «Sopravviveranno, magari fuori città, dove si realizzeranno i pezzi da lavorare e ottimizzare. Non dovremo più pensare alla fabbrica come a un unico luogo»: avrà più "sedi" e ciascuna un compito preciso. E darà «grande spazio alla creatività, a un'imprenditoria giovane». Start-up, come si dice oggi, e ditte, come ce n'erano una volta. «Due mondi che si incontrano».  

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