Aziende costrette ad adattarsi ai dipendenti, non viceversa. Uno studio Ubs mette in guardia: prendetevi cura del vostro staff o entro 20 anni ne uscirete con le ossa rotte
LONDRA - L'hanno ribattezzata ormai da tempo la "Quarta rivoluzione industriale": e per ora è poco più che speculazione. Ma di giorno in giorno acquista forma sempre più definita, grazie alle prospettive delineate dagli analisti: che provano a predire come sarà il lavoro del futuro. A misurare il cambiamento in cifre e percentuali, che narrano di uno stravolgimento di abitudini attualmente solo agli albori.
Il 75% sarà freelance - Ma di qui a vent'anni il quadro sarà completo: e completamente differente, giura uno studio di Ubs presentato ieri a Londra. Secondo cui non scompariranno solo sedie e scrivanie, sostituite da divano di casa e smartphone, o laptop sulle ginocchia, nel 75% dei casi: ma addirittura il 47% delle professioni, fagocitate dall'intelligenza artificiale.
Al bando la mediocrità - Nessuna categoria più a rischio di altre: piuttosto, la competenza. La professionalità mediocre non avrà scampo; solo chi potrà dirsi davvero esperto e qualificato avrà chance di battere le macchine. Per chi non sarà in grado di offrire qualcosa di più, il pericolo è di restare a lungo con le mani in mano.
Fedeli sì, ma a se stessi - Fin qui, però, si tratta di riflessioni già sentite; rimasticate e proposte con tagli magari più originali, ma comunque un po' già vecchi. Quel che segnala l'indagine condotta dalla banca svizzera assieme a The Future Laboratory è la differenza di approccio delle nuove generazioni. In una realtà dominata dai freelance, dall'interesse personale e dalla fedeltà esclusiva a se stessi, la lealtà al datore di lavoro passerà in secondo piano.
Parola chiave: wellness - Per guadagnarsi la benevolenza - e la produttività - del proprio personale, alle aziende non resterà dunque che adattarsi alle esigenze differenti di ciascuno, curando il benessere del singolo. Ecco dunque che "wellness" diventerà la parola chiave anche in azienda.
Ciascuno fa storia a sé - Caldamente suggeriti, allo scopo, non solo ambienti più umani e rilassanti, ma anche contratti ad hoc, che tengano conto delle differenze di genere, età e situazione familiare; gradito ogni tentativo di favorire un migliore equilibrio fra sfera privata e professionale, in vista di una soddisfazione personale che vada oltre le parole e gli auspici bugiardi.
Flessibilità: una strada obbligata - Meglio «una presenza effettiva di una presenza costante», dunque. Ne è convinto Simone Thompson, Ubs, secondo cui dovrà essere l'azienda ad adattarsi al personale: non viceversa. Una strada obbligata per le imprese che non vogliano essere penalizzate dall'ostinazione a rimanere uguali a se stesse, e a costringere il lavoratore ad adeguarsi a tempi, modi e modelli rigidi e fuori moda. «Il luogo di lavoro si sta facendo sempre più complesso - riflette il presidente di Wealth Management Ubs Jürg Zeltner - e la relazione fra lavoratore e datore di lavoro è destinata a mutare significativamente. Chi non si adegua si condanna a uno svantaggio competitivo: e alla perdita di talenti fra i membri del proprio staff».