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CANTONELa lenta agonia della grappa ticinese

06.11.15 - 06:00
Promuovere la cultura locale attraverso corsi di degustazione: è la ricetta dei produttori ticinesi per salvare gli alambicchi dalla crisi
Foto Ti-Press Samuel Golay
La lenta agonia della grappa ticinese
Promuovere la cultura locale attraverso corsi di degustazione: è la ricetta dei produttori ticinesi per salvare gli alambicchi dalla crisi

LUGANO - Non sempre è soltanto una questione di soldi. A volte è proprio una questione di cultura. Bere bene, e a chilometro zero o giù di lì: ad allontanare dalle abitudini che erano delle generazioni di una volta non è tanto il portafoglio, giurano gli addetti ai lavori locali, ma la moda che cambia gusti e tendenze: e finisce con lo stravolgere il mercato. “La concorrenza straniera ci penalizza: una volta dominavamo il 70% del mercato interno, oggi siamo al 20%”, lamentano i distillatori svizzeri. Ma la realtà e le sue ragioni non sono così semplici, giurano in Ticino.

Sabato le porte restano chiuse - Anche per questo il Cantone non aderirà alla giornata di porte aperte che il 14 novembre prossimo sarà un invito alla popolazione a riavvicinarsi alla produzione autoctona. “Meglio di no: noi che lavoriamo per lo più con le vinacce siamo nel pieno dell’attività”, dice Pierluigi Jelmini, titolare dell’omonimo alambicco a Mendrisio e presidente dell’associazione distillatori Svizzera italiana, che ha proposto semmai di spostare l’evento in primavera, in contemporanea con Cantine aperte. “Certo – riflette nella sua distilleria – di questi tempi una volta qui dentro c'era così tanta gente non ci si muoveva neanche”.

Un calo del 40%: bere vodka è più trendy - Adesso si va tranquilli. Quest’anno, ammette, si registra un 40% di calo. Attenzione però: “Il 30% è colpa dell’annata. Poi è vero che alcuni commercianti hanno ridotto i quantitativi, altri hanno fondi di magazzino. Quanto ai privati, da me ne arrivano circa 500 per una media di 10-12 litri di alcool puro a testa: ma non c’è avvicendamento generazionale. I costi di produzione e i prezzi al dettaglio del prodotto importato non hanno tutta la responsabilità. È un fattore culturale. I ragazzi oggi bevono vodka: è più trendy. Le generazioni passano, i modi di bere anche».

Seimila produttori in meno in un anno - Potere della moda: non resta che rassegnarsi. «Eh no. Bisogna avvicinarli. Promuovere una cultura del distillato, come si fa con il vino. Organizzare costi di degustazione, per esempio». Una sorta di scolarizzazione, per evitare che lentamente si perda una tradizione. Perché è vero che i numeri sono scoraggianti: nel 1995 i produttori professionali erano 796, adesso 250; se si considerano nel novero anche agricoltori e privati, si passa da 169131 a 126395; in un anno solo, tra il 2013 e il 2014, se ne sono persi 6mila. Cala, a onor del vero, anche il consumo: ma di alcool in generale. Quello delle cosiddette bevande spiritose rimane stabile a 1,5 litri pro-capite di alcool puro.


Il Ticino non fa eccezione - Il Ticino si accoda al resto della Svizzera che si rammarica. Una settantina di alambicchi ufficiali, fra 7 professionali e 63 gestiti da consorzi o distillerie comunali; altri cinquecento che ancora esistono nelle famiglie contadine per la produzione privata di alcolici derivati dalla propria frutta: i numeri parlano di una tradizione davvero sentita e diffusa, con una trentina di commercianti per circa 25mila litri di alcool puro, 2300 agricoltori per 7/8mila litri e circa 9000 privati per 13mila litri, neanche 15 a testa. “Gli agricoltori sono sempre più in calo “, conferma però Sergio Peverelli, rappresentante ticinese della Regia federale degli alcool “E anche qualche privato se ne va”.

Non è tutta grappa quella che sgorga - Derivata dalle vinacce, la grappa è solo dei commercianti: è caratteristica della Svizzera italiana, che lavora pochi mesi all’anno e oltre all’Italia è l’unica nel mondo a permettersi tale dicitura, mentre la Svizzera interna preferisce la frutta qui marginale. Mele, pere, albicocche, ciliegie e prugne: qui la produzione è modesta e lasciata ai piccoli, fra i quali domina il distillato d’uva americana.

Ci si mette anche il codice della strada - Si vende a ristoranti, alberghi, enoteche, in parte oltre Gottardo: “Le esportazioni sono quasi nulle, salvo qualcosa in Italia e Germania. La produzione ultimamente è calata molto: per i costi della materia prima, che all’estero è molto meno cara, per quelli di lavorazione, per la tassa sull’alcool, unificata nel 1999 equiparando produzione indigena e straniera. Qui 29 franchi, in Italia solo 10,50 euro. Poi c’è il calo dei consumi successivo all’abbassamento della soglia di tasso alcolemico alla guida. E la cultura. Una volta si concludeva il pranzo con un superalcolico”. Nulla da fare? “Ci proviamo. Nell’ambito della revisione della legge sull’alcool, cercheremo di aiutare ove possibile la produzione locale”.

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