Svolta in queste ore nelle indagini sui tre italiani scomparsi in Messico a fine gennaio
CITTÀ DEL MESSICO - Quattro agenti della polizia messicana sono finiti dietro le sbarre per avere venduto a una banda di Tecalitlán - cittadina di 16500 abitanti che dista circa 600 chilometri dalla capitale - Raffaele Russo, il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino.
I quattro agenti - che nel frattempo hanno confessato - rischiano una condanna tra i 40 e i 60 anni di detenzione.
Dei tre uomini scomparsi, tutti originari di Napoli, non si hanno più notizie dal 31 gennaio. Le autorità del Paese - che hanno garantito una continuità nelle ricerche - per ora non possono affermare con certezza che siano finiti nelle mani di una delle organizzazioni criminali più potenti del Messico, ossia del Cartel Jalisco Nueva Generacion. Non è escluso, in ogni caso, il coinvolgimento nella vicenda di altri agenti, così come del capo della polizia della cittadina, Hugo Enrique Martinez Muniz.
Raffaele Russo, dal canto suo, secondo quanto scrivono i quotidiani locali, citando fonti vicine agli investigatori, era «impegnato in affari» nel Michoacán dalla fine del 2017. E sempre stando a quanto scrivono i media del Paese, tre anni fa era stato arrestato per frode e corruzione nello stato messicano di Campeche.