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BELGIO«Non me ne vado, mia figlia è in una delle scuole, ha bisogno di medicine»

15.03.16 - 23:00
Difficili ore per gli abitanti di Forest dove un'operazione antiterrorismo ha messo sottosopra il comune a sud di Bruxelles, ma non è finita: la caccia all'uomo prosegue
«Non me ne vado, mia figlia è in una delle scuole, ha bisogno di medicine»
Difficili ore per gli abitanti di Forest dove un'operazione antiterrorismo ha messo sottosopra il comune a sud di Bruxelles, ma non è finita: la caccia all'uomo prosegue

BRUXELLES - L'assedio a Bruxelles si ripete, ma stavolta più a Sud. Non è Molenbeek ad essere blindata ma un altro quartiere multietnico, Forest, chiuso all'improvviso per un'operazione di polizia che ha seminato la paura in un'area solitamente tranquilla. Chi è dentro il perimetro recintato dalla polizia resta dentro, chi è fuori dovrà aspettare ore e ore, fino a sera inoltrata, per poter fare ritorno a casa andare a riprendere i propri figli a scuola. E il terrore e lo sconforto rispunta sui volti degli abitanti rimasti ad aspettare di conoscere il proprio destino al di qua del recinto "police fédérale".

"Non me ne vado, mia figlia è in una delle scuole del perimetro, non può uscire e ha bisogno di medicine, non riuscirei a dormire sapendo che è lì dentro spaventata", dice Trevor Balanga, che si agita preoccupato, rimbalzato da un poliziotto all'altro da cui cerca di carpire informazioni. La polizia non parla molto, allora interviene il borgomastro Jean-Marc Ghysseels a rilasciare qualche dichiarazione dai toni tranquillizzanti e placare gli abitanti del quartiere che, sempre più numerosi con il passare delle ore, si accalcano al margine della piazza Saint Denis, al di là del quale nessuno entra, tranne i mezzi di polizia e camion dei pompieri che saranno coinvolti nelle operazioni di ricerca dei terroristi.

"Il mio bambino deve mangiare, ora come faccio a tornare a casa?", domanda una ragazza, in italiano e con un fortissimo accento siciliano, ad alta voce. Sorride con il suo bimbo nel marsupio, si definisce "l'unica italiana di Forest bassa", molto più povera della Forest "alta" e casa di etnie disomogenee. Molti cittadini dell'Est, molti neri dell'Africa centrale, ma anche brasiliani, portoghesi. E moltissimi arabi. "Non sono tutti cattivi, ne conosco tanti buoni, però è vero che ce ne sono tanti, guardati intorno...", dice sottovoce.

Man mano che passano le ore, e la strada resta sbarrata, la folla che vorrebbe rientrare a casa aumenta. Assieme a quella dei curiosi che abitano nelle vicinanze e non vogliono perdersi il "lockdown" del momento. I negozi della strada dove aspettano assieme ai giornalisti che venga data qualche notizia sono aperti e fanno da riparo al gran freddo della sera, oltre a fornire corrente elettrica per caricare i telefoni di tutti quelli che hanno scaricato la batteria a forza di telefonare per capire dove si trovano parenti e amici, se dentro o fuori il cordone di sicurezza. Le persone provano a darsi conforto, ma ognuno nella sua lingua e ai suoi connazionali, pochissimi in francese. Non sanno ancora quando e se potranno tornare a casa, ma nessuno si lamenta troppo. "È un bene se li prendono, facessero quello che devono fare", è il commento più frequente. Solo i ragazzi, tanti, vorrebbero che non finisse presto: "Se facciamo tardi, domani non andiamo a scuola", confessa speranzoso uno di loro.

Poi finalmente almeno una buona notizia. Dopo aver passato l'intero pomeriggio bloccati dentro quattro edifici scolastici, arriva per tutti gli alunni - molti dei quali in età da asilo - il via libera all'evacuazione. E la tensione si scioglie nell'abbraccio dei genitori. Ma la notte si annuncia ancora lunga per alcuni che, annuncia il borgomastro, non potranno fare ritorno a casa neanche nelle prossime ore. Perché la caccia all'uomo prosegue.

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